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Articolo a sinistra

di Giuseppe Terone


Qualche giorno fa ho avuto una veloce chiacchierata con una signora, che mi ha detto: “Hai una chance per convincermi a votare per Fratelli d’Italia, ma non sarà facile”. Lei, infatti, si sente politicamente di Sinistra. Di una Sinistra vera, per intenderci, non di questa Sinistra rosa o arancione che adesso è diventata il destriero preferito del liberalismo, del capitalismo delle multinazionali sfruttatrici e financo del liberismo (se vogliamo includervi anche Calenda).


Cari lettori abituali, permettetemi di dedicare questo articolo a lei e a tutti coloro che, rossi dentro (ma veramente rossi), ci leggono. Vi assicuro che le mie ragioni saranno buone.


La politica, per come la vedo io, non può essere racchiusa nella semplice formula dell’arco parlamentare. Insomma: non si può esaurire dividendo l’emiciclo in Destra e Sinistra, soprattutto in Italia. Il nostro Paese ha una storia politica che, per farla breve, ha sempre cercato fin dal 1861 di schiacciare via le parti estreme (o quelle considerate tali). Abbiamo iniziato con i governi moderati alla Cavour, poi il trasformismo di Depretis, a seguire Giolitti, fino ad arrivare alla Democrazia Cristiana e al Partito Democratico. Tutti sedicenti responsabili che si sono presi i meriti di aver arginato minacce clericali prima, fasciste poi e comuniste infine.


Tutti gli esclusi, a Destra e a Sinistra, sono ad oggi principalmente coloro che nutrono profondi dubbi sull’attuale sistema-mondo, sulla globalizzazione, sulle derive economiche del liberalismo, sul declino del costume e dei valori e che di questa politica “responsabile” (chiamata così solo perché “attaccata alle poltrone senza un minimo senso del pudore” era troppo lungo) sono stanchi. Sono la Destra sociale e la Sinistra sociale, le quali fanno proprie istanze inascoltate delle classi più in difficoltà, che desiderano non lasciare nessuno indietro e che credono in qualcosa di forte.


Sia chiaro: questi punti in comune non definiscono lo stesso schieramento. La differenza tra Destra e Sinistra esiste ancora: da una parte la meritocrazia, dall’altra l’egualitarismo; da una parte il valore della Nazione, dall’altro quello della classe; da una parte la tradizione, dall’altra il suo superamento; da una parte la protezione del settore privato, dall’altra l’ampliamento di quello pubblico. Potremmo andare avanti a lungo. Tuttavia non bisogna affatto dimenticare i punti di contatto, che si racchiudono in quella piccola ma loquace parola: “sociale”.


Entrambe le posizioni dicono di no alla globalizzazione, entrambe si attenzionano alle esigenze del lavoratore, entrambe desiderano una svolta ecologista, entrambe pretendono un settore pubblico efficiente, che sia estremamente radicato ma competente. Certamente tutto questo per ragioni profondamente diverse, senza dubbio: abbiamo già detto che gli ideali e i motori che li spingono su certe posizioni divergono di molto.


Il nemico comune di queste due posizioni è il centro. Il centro neo-liberale degli speculatori e del tutto grigio, quello che ad oggi pensa che i valori forti siano un pericolo e non una ricchezza, quello che si attribuisce il diritto di tracciare i confini dell’ammissibile e del non ammissibile, quello che vuole, appunto, assegnare patentini di legittimità agli altri.


Allora se non come un emiciclo, la politica com’è? La politica è un cerchio di cui una metà è visibile (il nostro Parlamento) e l’altra metà è invisibile. Ed è laggiù che si incontrano la Destra sociale e la Sinistra sociale in una commistione di amore e odio i cui prodotti non sono stati sempre gentili nella storia dell’uomo.


Nella politica italiana il centro si è trasformato in centro-sinistra: da Azione/+Europa (e anche Forza Italia e un pizzico di Lega ultimamente) al PD, fino ai Verdi, Sinistra Italiana e Movimento 5 Stelle.

La Sinistra sociale in Italia non c’è. Onestamente è un peccato, sarebbe stato proficuo confrontarcisi.


E allora, essendo la scelta che un elettore di tale parte può fare tra la sinistra neo-liberale e la Destra sociale, è ragionevole e conveniente votare la seconda: compiere un salto lungo e continuare a celare quella parte nascosta della politica, ma nel suo nome non arrendersi al vuoto del centro.




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