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Lo Ius Soli spiegato da Giacomo Leopardi

di Andrea Piccinno


Fin troppo spesso fatichiamo a prenderne coscienza, forse spinti dai continui piagnistei e dai vergognosi ed immotivati sensi di colpa di un Occidente sempre più americano e meno europeo, ma ci è stata data in sorte un’immensa fortuna: l'Italia.

Dalle guglie del Duomo di Milano alle peculiarità dei piccoli borghi abruzzesi, dalle antiche basiliche bizantine alla sacralità del Tevere, viviamo completamente circondati dalle più sublimi espressioni di Arte e Bellezza.

Le nostre terre hanno dato i natali alle menti più brillanti che abbiano mai solcato il varco dell'immortalità: letterati come Dante Alighieri e Caio Catullo, artisti quali Caravaggio e Michelangelo Buonarroti, architetti del livello di Andrea Palladio e Leon Battista Alberti, pensatori della qualità di Julius Evola e Giordano Bruno, eroi alla stregua di Enrico Toti e Gabriele D'Annunzio.

Da sempre la nostra Italia è patria di avanguardia e innovazione, vera culla della cultura classica europea.

Ed è proprio da questa che, nei momenti di maggiori difficoltà, bisogna ripartire.

Sarebbe certamente un eufemismo dire che, al giorno d'oggi, la situazione non sia delle migliori. La più totale decadenza attualmente presente nella scena culturale italiana, che permette addirittura di imporre mezzi uomini come Roberto Saviano ad intellettuali di regime, si riflette inesorabile sulla classe dirigente che governa, causa e conseguenza di questo triste frangente.

È necessario, dunque, riuscire a voltarsi indietro per migliorare il futuro, andando a riscoprire le nostre radici all'interno della cultura classica, che è tale proprio in quanto immortale ed eterna.

Ne è di assoluto esempio uno dei pensieri contenuti nello “Zibaldone”, dove già agli inizi del diciannovesimo secolo Giacomo Leopardi riuscì a porre una risposta tutt'ora valida ed attuale alla scelleratissima proposta dello Ius Soli o dello Ius Culturae, tornati in voga con l'avvento del governo rosso-sangue. Il poeta marchigiano scrisse così:


“Quando tutto il mondo fu cittadino Romano, Roma non ebbe più cittadini; e quando cittadino Romano fu lo stesso che cosmopolita, non si amò né Roma né il mondo: l’amor patrio di Roma divenuto cosmopolita, divenne indifferente, inattivo e nullo: e quando Roma fu lo stesso che il mondo, non fu più patria di nessuno, e i cittadini romani, avendo per patria il mondo, non ebbero nessuna patria, e lo mostrarono col fatto”.


Chiarissima, quindi, la condanna del Leopardi a qualsiasi sistema abbia il fine di spargere e distribuire semplicisticamente cittadinanze, portando non solo l'esempio del tragico epilogo dell'esperienza romana, ma ribadendo anche un concetto tanto banale quanto importante: dare la cittadinanza a tutti equivale al non darla a nessuno.

Evidente, da ciò, uno degli scopi di questa proposta di legge: non si tratta esclusivamente di consegnare la cittadinanza agli stranieri, ma di far sì che la perdano gli italiani stessi che, in questo modo, diverrebbero migranti nel loro stesso Paese, quindi privi di diritti, senza solide radici e sempre più sottomessi alle leggi del grande capitale.

Sono passati quasi di due secoli da quando Leopardi appuntò la sua sentenza nella celebre raccolta di pensieri, dando prova ancor una volta della ciclicità della storia e, soprattutto, dell'eterna utilità dei grandi classici, colonne portanti di un’italianità che va difesa ad ogni costo, con il coltello tra i denti.

Ora più che mai, quindi, Italia ed italiani vanno difesi dalle follie dei nemici del nostro popolo, di chi ci svende in Europa e sui grandi tavoli internazionali, di chi permette che si sputi sul tricolore e si distrugga la nostra storia.

Ora più che mai, bisogna riuscire a guardare nel passato per poter difendere il futuro, dimostrando in ogni modo che italiani si nasce e non semplicemente per il pezzo di terreno su cui si viene al mondo, ma grazie a quel sangue e quel senso di appartenenza che, da migliaia di anni, illumina il mondo e l'Europa.

Siamo nati italiani e non moriremo apolidi schiavi del grande mondialismo.

Siamo nati italiani e, ora più che mai, abbiamo una cultura, una storia ed un popolo da difendere.

Siamo nati italiani ed è il nostro momento per difendere la grande fortuna che ci è stata data in sorte: l'Italia.


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