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RADICES: Marco Aurelio, sovrano eterno

di AndreaPiccinno


Radices. Radici. Da millenni, ormai, vi è un’Idea che continua a vivere all’interno degli spiriti più nobili che abbiano passato questa terra, spinti da amor patrio, sensibilità d’animo ed un coraggio necessario per combattere e vincere avversari e miscredenti. Se oggi, a fine 2019, possiamo ancora essere portatori di quest’Idea immortale, ma pur sempre autentica e moderna, è anche grazie a Uomini che, prima di noi, ne hanno approfondito ogni minimo aspetto, difendendola anche a costo della vita e facendole raggiungere il punto massimo della Bellezza: l’Azione.

Probabilmente tra i primi fare ciò, fu il più nobile spirito della Roma Antica, sovrano illuminato e amante della filosofia: Marco Aurelio.

Nato nella stessa Roma il 26 aprile del 121, venne educato, secondo la tradizione aristocratica dell’epoca, da grandi letterati e filosofia come Frontone, Erode Attico ed Epitteto. Perse il padre, console, all’età di tre anni, ma ne elogerà sempre modestia e virilità. Emblematica fu la sua incoronazione ad Imperatore: nonostante avesse già quarant’anni (161) ed avesse dato prova della sua magnificenza, rifiutò la carica fino a che non venne assegnata anche a Lucio Vero, come volontà del suo predecessore Adriano. Per la prima volta, Roma si trovò con due Princeps regnanti.

Marco Aurelio, come nessuno prima, riuscì a tradurre in realtà quell’ideale democratico di uguaglianza tra i cittadini che, all’epoca, pareva a dir poco utopico. Porterà avanti una politica rispettosa del Senato, al quale lascia la decisione in merito ad affari statali e dichiarazioni di guerra, creerà il primo anagrafe per le famiglie romane ed istituì un rigido controllo delle finanze dell’Impero, in modo da poter realizzare importanti opere pubbliche. Ciò che più lo differenzierà dai suoi predecessori è, però, il comportamento nei confronti degli schiavi: per la prima volta saranno ritenuti uomini e non più oggetti parlanti e verrà riconosciuto loro anche il diritto di asilo nel caso di fuga dal padrone e dando loro la possibilità di riconquistare la libertà, nonostante ciò sollevò grosse polemiche tra gli imprenditori romani che temevano ripercussioni economiche. Oltre a ciò, si adoperò per il riconoscimento del diritto naturale per l’eredità, l’istituzione di un fondo alimentare per i bambini e l’abolizione della tortura su qualunque cittadino dell’Impero.

Simbolo della sua grandezza d’animo è il trattamento riservato a Gaio Avidio Cassio che, nel 175, tramò contro di lui. Marco Aurelio cercò di tener privata la notizia per evitare inutili spargimenti di sangue, ma, quando il Senato dichiarò Cassio hostis publicus, questi venne ucciso dai suoi stessi soldati, che portarono la sua testa al legittimo imperatore Marco Aurelio. Questi rifiutò di vedere gli assassini, in quanto speranzoso di potersi riconciliare con Cassio, e ordinò che venisse seppellito con tutti gli onori del caso, oltre che fossero bruciate tutte le sue corrispondenze, per evitare di dover uccidere altri cittadini complici dell’usurpatore. “Il modo migliore per difendersi da un nemico è non comportarsi come lui”, scrisse nei suoi Pensieri.

Paradossalmente, proprio con lui ebbe fine la Pax Romana, a causa degli attacchi dei Parti sul fronte orientale. Anche in questo caso, però, Marco Aurelio fu d’esempio: detestava la guerra come il flagello dell’umanità, ma quando la necessità di una giusta difesa lo sforzò a prender l’armi, si espose coraggiosamente sulle gelate rive del Danubio a otto campagne d’inverno. Proprio in queste zone poi, come farà notare Edward Gibbon, verrà contagiato dalla peste che, nel 180, gli darà la morte.

Nonostante le grandi opere realizzate con le vesti da Imperatore e la grande libertà concessa al suo popolo, però, tutt’ora Marco Aurelio viene ricordato principalmente per i suoi scritti e per i suoi lavori da ultimo grande esponente dello stoicismo romano. Riprese le posizioni di filosofi greci come Zenone, rimarcando l’impotenza dell’essere umano dinnanzi al Fato ed al destino e, conseguentemente, al non senso del mondo nel quale trova unica soluzione vivendo secondo natura (“Se ciò che temi non è di dover un giorno cessar di vivere, ma piuttosto di non cominciare mai a vivere secondo natura, allora sarai un uomo degno del mondo che ti ha generato”). Iniziò un’attenta analisi dell’anima razionale dell’uomo, dando nuova linfa ed importanza all’unicità della vita stessa.

Analizzò, inoltre l’importanza del singolo uomo all’interno della comunità, auspicandone una completa integrazione al fine di perseguire uno scopo comune, scrivendo anche che “Ciò che non giova all’alveare, non giova neppure all’ape”.

La sua opera principale, i Colloqui con sé stesso, saranno poi d’enorme ispirazione per grandissimi autori dei secoli che seguiranno, da Goethe a Giacomo Leopardi, passando soprattutto da Emil Cioran, che lo incoronerà il maggiore saggio dell’Antichità del tramonto.

In Marco Aurelio troviamo un uomo in cui non c’è non solo il romano ed il filosofo stoico, ma uno spirito universalmente umano che si solleva oltre le differenze di luogo e di tempo, parlando con un linguaggio eterno. Eterno come, appunto, le nostre Idee, di cui anche lui si è fatto prezioso portatore.


“Devi sempre agire, parlare e pensare come se fosse possibile che tu, in quell’istante, lasciassi la vita.”



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