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RADICES. Robert Brasillach: la forza delle idee.

di Andrea Piccinno


Robert Brasillach, sicuramente tra i più grandi e completi artisti del Novecento europeo, ancor oggi non gode, neppure nella sua Francia, di quella notorietà che il suo indiscusso talento gli avrebbe dovuto concedere.

L'autore francese, così come molti altri uomini di cultura dell'epoca (personaggi come Ezra Pound, Mario Sironi, Louis-Ferdinand Cèline e Pierre Drieu La Rochelle), scelse nell'ultimo conflitto mondiale di appoggiare quella che risulterà essere la parte sconfitta.

Da qui, la morte e l'oblio.

Brasillach, comprendendo quale enorme pericolo per l'Europa potesse essere il comunismo, si interessò già in gioventù a quei gruppi politici francesi che seguivano una linea convintamente anticomunista: fece, quindi, il suo ingresso nelle file di Action Francaise di Maurras.

Inevitabilmente, fu anche attratto da movimenti fascisti stranieri, che erano divenuti un vero e proprio argine allo straripare del bolscevismo nell'Europa occidentale. Si formò, dunque, vivendo nei maggiori Paesi europei.

Dopo la visita all'Italia mussoliniana, disse che questa sarebbe stata <<La verità più esaltante del ventesimo secolo, quella che gli avrà dato colore>>. Visito anche la Germania nazista ed il Belgio, subito dopo la conquista di venticinque seggi in Parlamento da parte di Leon Degrelle. Ma, soprattutto, combattè nel 1936 per la Spagna di Franco e di José Antonio.

Inevitabilmente, tornato in patria dovette scontrarsi con la politica del Fronte Popolare di Leon Blum: da questa insofferenza nei confronti di una nazione ormai pigramente opulente, imborghesita ed in preda ad uno scandalo politico dopo l'altro, nasce nell'anteguerra quella sensazione di non riconoscersi più nella propria patria. È proprio questo, infatti, il tema di una delle sue liriche più accorate e sofferte: "Il mio paese mi fa male".

Un'insofferenza, quella di Brasillach, che diviene verrà e propria ribellione interna, dopo che il governo francese fece sparare sulla folla parigina causando ventidue morti e centinaia di feriti. L'animo dell'autore inizierà a chiedere un altro modo di vita e maggiore giustizia.

Scriverà, infatti, dopo i tragici fatti del sei febbraio 1936 di Place de la Concorde: <<C'è altro da fare... in una frangia che corre con voluttà verso la quarta Repubblica dei massoni e dei mercanti abusivi. C'è da prepararci a quel fascismo francese libero che non abbandoneremo mai. Ci sono bambini che non sanno ancora parlare e tendono verso di noi le loro mani: noi non vogliamo consegnare loro una Francia di cui avete vergogna.>>

Nella sua carriera giornalistica spesso egli si occupò della parte letteraria, culturale e di critica cinematografica e teatrale, non lesinando mai, però, di pubblicare articoli di politica estera ed interna, in quel solco di artista totale che segnò la propria figura. Se, infatti, in questo contesto, è stata data priorità all'azione politica dell'artista francese, non dobbiamo dimenticare che Brasillach fu fra i poeti, critici di teatro, romanzieri e storiografi più stimati della prima metà del Novecento e che proprio la commistione tra letteratura e problematiche reali portano a considerare l'artista un "poeta totale", un romantico post-litteram, nella concezione che non vede l'arte come semplice esercitazione classicista di bello stile, ma intende la medesima quale espressione in versi dell'animo umano.

Brasillach, però, pagherà in modo cruento, con la morte, il sostenere nei romanzi e nelle poesie le sue più radicate convinzioni, ma morirà fieramente.

Quale cittadino francese, si rifiutò di riparare, dopo la sconfitta militare, in quella Germania che dava rifugio agli esponenti più in vista delle Nazioni <<liberate>>, ma aspettò il proprio destino che, ovviamente, non si fece attendere.

La magistratura <<resistenziale>>, infatti, così come avverrà pochi mesi dopo in Italia, si accanì contro coloro che collaboravano con il governo del maresciallo Pétain e, inevitabilmente, Brasillach dovette render conto a questi pseudo-combattenti ammantatisi di una toga o del potere di decidere circa la vita di un uomo. Nel settembre del 1944, infatti, furono arrestati la madre del poeta ed il suo più caro amico, Maurice Bardeche. Questa data segnò l'inizio della cristianissima accettazione di un evento, la sua morte, che Brasillach comprese, ormai, quale inevitabile.

Si consegnò spontaneamente nelle mani della "giustizia" e affrontò il processo, che lo vide condannato alla pena capitale, non rinnegando nulla: <<... tutto valeva per la difesa, tranne la viltà. Troppi detenuti giocavano la carta inutile del pentimento...>> nel solco di quell'atteggiamento quasi socratico di accettazione della morte, che trasformerà la figura di Robert Brasillach, nel ricordo delle generazioni future, da quello di grande artista a quello di esempio eroico.

Fu fucilato all'età di trentasei anni, il mattino del 6 febbraio 1944.


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