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Vita di un asterisco

di Andrea Piccinno


La scorsa notte, traviato dall’insonnia, decisi di sfruttare il tempo negatomi al sonno per riflettere. Dunque, presi l’ormai usurato telo da mare dall’armadio, due Peroni e l’ultima Ichnusa non filtrata dal frigorifero, un paio di infradito da pochi euro comprato al negozietto sotto casa, misi tutto nello zaino usato ai tempi delle scuole superiori ed ormai utile solo per non pagare l’aggiunta bagaglio Ryanair e, entrato in auto, partii alla volta di una tranquilla marina distante appena una decina di chilometri dalla mia cittadina.

  Erano approssimativamente le due e trenta e per chi, come me, ha avuto l’occasione di crescere a pane, marmellata e Corto Maltese, non esiste orario migliore per distendersi in riva al mare e far vagare la mente tra mille avventure senza capo né coda ed improbabili nuovi amori platonici. Lo sguardo, però, balza inesorabile in cielo: neppure una nuvola, non c’è invito migliore ad osservare le stelle cadenti tanto numerose in questi giorni e, magari, esprimere un desiderio.

  Ne avrei un bel po’ da esprimere, di desideri.

  La situazione economica non è sicuramente delle migliori e i duecentonove milioni di budget del SuperEnalotto sono stati vinti pochissimi giorni fa. Ma mi accontenterei anche di qualsiasi altra cifra, dopotutto siamo gente semplice.

  Il Lecce è tornato in Serie A e non dico che vorrei desiderare di arrivare in Europa League, però, se al desiderio della stella cadente di San Lorenzo si aggiungesse anche un miracolo di San Fabio Liverani da Roma, beh, magari un punticino a San Siro con l’Inter ed una salvezza tranquilla si potrebbero anche fare.

  Poi c’è lei, la ragazza che vidi a Napoli a fine maggio, magari potrei desiderare di rivederla il prima possibile o a fine settembre, magari potrei desiderare che la mia linea della vita si incroci con la sua, che sia destinata a passare il resto della sua vita con me.

  Tra qualche settimana ho anche l’inizio dell’Università, mi farebbe sicuramente comodo riuscire ad iniziare con ottimi risultati, visto il colpo di genio di studiare Scienze Bancarie, Finanziare ed Assicurative nonostante non abbia mai preso una sufficienza in matematica.

  Poi c’è una vita davanti, potrei desiderare di riuscire a realizzarmi, di avere un lavoro stabile ed un posto fisso che mi permetta di fatturare e viaggiare e, soprattutto, come diceva mio nonno, di guardarmi allo specchio senza scrupoli ogni mattina, perché non c’è peggior peccato di un talento sprecato. E, puntualmente, arrivava l’esempio di Antonio Cassano, già di per sé barese quindi acerrimo rivale di ogni salentino come da miglior tradizione dello Strapaese, ma anche conosciutissima testa calda, capace di buttare al vento una carriera che lo avrebbe potuto incoronare come uno dei massimi talenti calcistici italiani di sempre. E invece ha fatto tutt’altro, mai avuto voglia di allenarsi e lavorare seriamente, trastullandosi nei fiumi di denaro ed irriverenza che lo hanno sempre contraddistinto.

  Potrei desiderare di non fare il suo stesso errore, di non vivere una vita simile alla sua, di riuscire a sfruttare il mio talento, almeno per render fiero mio nonno che, probabilmente, in questo momento mi starà guardando proprio dalla stella che, tra poco, vedrò cadere.

  E’ una nottata strana, solitamente a metà agosto in Salento è a dir poco impossibile non imbattersi in accampamenti abusivi di tende e relativi falò, circondati da ragazzi che, mentre bruciano carne e canne, con la chitarra in mano ci tengono a dirci che no, non è Francesca.

  Fingono di divertirsi, fingono di stare a loro agio sulla spiaggia, con la sabbia tra le dita e nel costume, a dormire in una tenda: fingono sia una bella esperienza, per nulla stressante ed usurante. Ma la realtà si sa, sono lì esclusivamente per le ragazze: organizzano la nottata, montano le tende, costruiscono l’accampamento, accendono il fuoco e suonano la chitarra solo per loro, come fossero dei fuchi in cerca dell’ape regina.

  Altra vita tristissima quella dei fuchi, come la maggior parte dei maschi del regno animale hanno una sola motivazione di vita, un solo obiettivo e, nel momento stesso in cui lo raggiungono, nel momento stesso in cui riescono a consumare con l’ape regina, la più figa dell’alveare, neanche il tempo di una sigaretta after-sex, neppure il tempo di vantarsene con gli altri fuchi, che tirano le cuoia, pochi secondi e si ritrovano senza vita.

  Però, pensavo, i fuchi sono tra i pochi animali ad avere un nome diverso in base al sesso: api e fuchi.

  Così semplice, così chiaro, se avessimo ragionato così per tutte le specie già secoli fa, probabilmente non ci saremmo ritrovati elementi come la Boldrini in Parlamento, magari l’italiano sarebbe ancora una lingua sana e forte e, nel leggere un asterisco cercheremmo una postilla a fine testo, invece che temere si tratti dell’organizzazione di un Pride o di una rivendicazione del #MeToo.

  Gli asterischi sono sicuramente quelli che ne escono peggio, in questo giro. Sono sempre stati usati per attività assolutamente rispettabili come indicare una nota a pie’ di pagina, fare le moltiplicazioni e, soprattutto, le chiamate in numero anonimo che hanno permesso a generazioni intere di crescere in modo sano ed irriverente. Mentre oggi, ormai, vengono letti quasi esclusivamente sugli sgrammaticati comunicati degli antagonisti, stuprati dalle comunità LGBT.

  La bellezza, d’altro canto, non è per tutti, non si può spiegare la brillantezza dell’oceano ai rospi della palude. Non si può pretendere che nei centri sociali si comprenda la bellezza, l’eleganza e lo stile della lingua italiana. Siamo naturalmente portati ad emulare ciò che ci circonda, di conseguenza altro non potrebbero fare che devastare lo stupendo linguaggio nostrano con obbrobri come sindaca, ministra ed asterischi ad ogni termine plurale.

  Ma io lo so, io lo so che gli asterischi avrebbero preferito addirittura restare a censurare i termini volgari dei cinquantenni inca**ti su Facebook che essere costrett a collaborare con compagn* indignat*.

  A questo punto, però, un bagliore, una luce fioca, mi porta via dai miei pensieri: finalmente ho visto la mia prima stella cadente. E so anche cosa desiderare.

  Mi va bene la vita di Antonio Cassano, mi va bene anche quella di un fuco e perfino quella di Antonio Banderas, finito a parlare nel mulino con Carola e con le galline sulle ONG, ma ti prego, il mio unico desiderio è non fare la vita di un asterisco.



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