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Abbiamo abbandonato le nostre Forze Armate

In un paese nel quale tutto fa notizia, dove ci si scandalizza per banalità assurde, rimangono invisibilmente aperte questioni dannatamente scomode, sottovalutate dal sistema mediatico: il tasso di suicidi all'interno delle Forze Armate italiane, per esempio, è una di queste. Negli ultimi cinque anni si sono verificati ben 275 suicidi, in media uno a settimana, così suddivisi: 121 tra Esercito, Aeronautica, Marina e Carabinieri; 129 tra Polizia, Polizia Penitenziaria e Finanza; 25 tra la Polizia Municipale.


Ogni cittadino perbene (escludendo dunque delinquenti e comunistelli di ogni genere, ovvero soggetti che per natura odiano lo Stato e le sue istituzioni) troverebbe sconcertante che poliziotti, carabinieri, finanzieri, soldati - coloro che quotidianamente difendono la nostra Nazione e mettono a rischio le proprie vite per garantire la nostra sicurezza - si trovino in una condizione di disperazione talmente drammatica e profonda da essere spinti a compiere gesti estremi come il suicidio. Tra le forze dell'ordine c'è molto timore nel chiedere aiuto, soprattutto perché parlare di questi fatti si traduce spesso in ostacoli per il proseguo delle carriere, e in tanti non vogliono subire l'umiliazione professionale del ritiro dell'arma.


Uno degli ultimi casi colpisce per la giovane età della vittima, perché riguarda una giovane 25enne, allieva della Scuola Marescialli e Brigadieri dei Carabinieri di Firenze, che ha deciso di togliersi la vita sparandosi con la pistola di ordinanza, come avviene in più dell' 80% dei casi di suicidio tra le Forze Armate. Per ora risultano ignoti i motivi, anche se, per via della casistica ricorrente, questi sono intuibili.

Le cause di questa tragica tendenza sono molteplici e vanno indagate con urgenza e lucidità. Uno dei motivi principali è sicuramente legato alle condizioni di lavoro a cui sono sottoposti gli esponenti delle Forze Armate, che spesso, soprattutto in determinati contesti operativi, si trovano in situazioni di stress e pressione costante, senza la possibilità di prendersi dei momenti per ricaricare le proprie energie mentali.

Gli agenti di Polizia, per esempio, sono i primi sulla scena del crimine, e assistono spesso a situazioni che possono rivelarsi emotivamente traumatiche. Tra l'altro, sempre gli agenti di Polizia sono in prima linea quando si tratta di difendere le città durante le "manifestazioni" dei "soliti noti", specialmente quando al governo della Repubblica si presentano forze politiche non particolarmente gradite alla galassia eversiva e anarchica tanto coccolata dai comunistElly istituzionali. La cronaca che emerge dalle piazze italiane, almeno da quando si è insediato l'attuale governo, vede dei lavoratori fronteggiare la violenza dei "soliti noti", in un clima di tensione crescente condito da infami campagne di delegittimazione mediatica e politica indirizzate verso chi, con pochi strumenti e per un "salario minimo", cerca di garantire ordine e sicurezza.


Altro fattore che non può essere sottovalutato è il senso di isolamento e solitudine. Spesso gli uomini in divisa per portare avanti il loro servizio si ritrovano lontani dalla proprie famiglie e dai propri affetti, senza poter condividere direttamente le proprie preoccupazioni e le proprie paure con chi potrebbe comprenderli meglio.

Parliamo di uomini e donne che devono poter contare su un sistema di assistenza psicologica efficace e tempestivo, che possa aiutarli a elaborare e superare eventuali traumi derivanti non solo dall'attività di servizio, ma anche dalle comuni debolezze e fragilità che possono condizionare l'esistenza di un comune cittadino.


Non possiamo restare inerti di fronte a questa tragedia silenziosa che si consuma all'interno delle Forze Armate italiane. È fondamentale che le istituzioni preposte intervengano per contrastare questo fenomeno, mettendo in atto politiche di prevenzione e di supporto psicologico .

È necessario agire subito, prima che altre famiglie vengano spezzate dalla disperazione e dal dolore.




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