In queste ultime settimane si stanno intensificando le proteste degli agricoltori, delle proteste che hanno un peso economico non indifferente, soprattutto lato produzione e allocazione delle risorse.
I motivi per cui si protesta sono vari ed ampi, ma per andare incontro a quelle richieste bisogna trovare soluzioni giuste, equilibrate e sovrane.
Innanzitutto, dato che si parla di sovranità alimentare,la Pac del 2020, purtroppo votata da tutti, destina l’80% delle risorse al 20% delle aziende, quindi un piccolissimo gruppo di aziende multinazionali a discapito dei tanti piccoli e medi produttori che ci sono in Italia e producono prodotti IGP, Dop ecc.
Quindi non proprio un esempio di sovranità . Perciò magari una soluzione potrebbe essere una rinegoziazione di questo pacchetto, con maggiori risorse alle piccole realtà produttive, con la commissione europea. Inoltre un altro problema molto sentito, che sicuramente vive almeno una parte di quelli che protestano, è il prezzo di rivendita bassissimo dei prodotti alla grande distribuzione, con il coltivatore diretto che viene fortemente danneggiato e la grande distribuzione che realizza margini di profitto molto importanti. Ma bisogna entrare nell’ottica che un margine di profitto più alto del coltivatore diretto consentirebbe al sistema nel suo complesso ad essere più sostenibile e virtuoso, perché la grande distribuzione non può fare a meno dei coltivatori diretti. Stessa questione per le quote latte, come abbiamo visto anche qualche anno fa, quando i pastori sardi, stremati, hanno sversato per terra ettolitri ed ettolitri di latte per un margine di guadagno molto ridicolo delle quote latte.
Per difendere la sovranità alimentare, non si può prescindere da una serrata battaglia contro le truffe sul Made in Italy ed al biologico: truffe contro il consumatore che spende di più per un prodotto etichettato made in Italy e/o biologico e poi prodotto in Bulgaria, truffe contro i produttori onesti che sostengono costi importanti per garantire qualità e truffa allo Stato stesso.
Tutto questo poi apre ancora un altro tema, quello dell’olio tunisino e di prodotti che arrivano nella nostra nazione privi di qualsiasi prerequisito.
Ma anche i pomodori coltivati in serre high tech dei Paesi Bassi: sicuramente sono pomodori con un processo produttivo fatto di innovazione e produttività ma forse non nel modo più adeguato e forse, anzi sicuramente, nonno con la stessa qualità del pomodoro pachino o di quello San Marzano.
Per quanto riguarda invece il caporalato , all’inizio del suo mandato il ministro Lollobrigida aveva firmato un decreto interministeriale, ma una legge tarda ancora ad arrivare.
Credo che la migliore strada da seguire sia quella sicuramente di una battaglia senza sconti contro il caporalato ma, per contrastarlo, come in parte aveva giustamente fatto intendere Lollobrigida, occorre organizzare un flusso contenuto di manodopera straniera regolare e qualificata che possa anche colmare i gap occupazionali e produttivi.
Perché oggi come oggi il contributo della manodopera straniera qualificata è fondamentale in agricoltura, poiché non c’è sufficiente manodopera italiana per motivi sia sociologici sia storici sia economici.
Infine uno dei temi della protesta investe il rapporto tra ambiente ed agricoltura: l’agricoltura in realtà dovrebbe essere uno dei capisaldi di una giusta cultura ecologista, perché l’agricoltura riesce ad estrarre il valore che c’è in terreni incontaminati. Però, se da un lato giustamente occorre una stretta su diserbanti e pesticidi non solo inquinanti ma che danneggiano la nostra salute, dall’altro occorre finanziare una ricerca per alternative a diserbanti e pesticidi che renda non conveniente utilizzare questi ultimi. Ma allo stesso tempo non si può cedere ai mantra vegani e vegetariani per cui tutto il settore delle carni, dei vini è quasi da bandire, per quanto ovviamente gli allevamenti intensivi siano da condannare.
Delle soluzioni giuste ed equilibrate andrebbero nell’interesse di tutti ed è quell’interesse che va coltivato.
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