Bentornata a casa, Trieste.
- Redazione

- 26 ott
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di Giuseppe Terone
Bentornata a casa.
Queste le parole che 71 anni fa l'Italia intera rivolgeva a Trieste e dintorni, quando finalmente il tricolore italiano vi ritornava a sventolare dopo anni di incertezza, paura e dolore.
Incertezza, perché dall'armistizio dell'8 settembre 1943 la Venezia Giulia fu terra di caos, pretese e repentini cambiamenti di regime.
Paura, perché tra il ’43 e il ’45 tedeschi e jugoslavi ambivano al controllo della zona, entrambi per superbia. E dal ’45 in poi le stragi di italiani furono all'ordine del giorno.
Dolore, perché la guerra non fu l'unica atrocità che triestini, istriani e dalmati dovettero soffrire.
Perciò, il ritorno di Trieste non fu rose e fiori. Specialmente perché nel 1954 due terre sorelle furono costrette a separarsi. Quella che nel 1947 i trattati di pace definivano la zona A (Trieste e dintorni) rientrò finalmente nei confini italiani, ma la zona B (Istria) restò sotto controllo jugoslavo.
Sì, “restò”. Perché di fatto, anche nel periodo in cui Trieste doveva essere territorio indipendente, l’Istria fu gestita sempre come se fosse parte integrante della Jugoslavia.
Le pressioni socialiste sul territorio istriano costrinsero, già nei primi anni ’50, molti italiani ad abbandonare le proprie case e la propria terra per sfuggire al terrore titino.
Quindi sì, Trieste torna a casa ma con le lacrime agli occhi.
Trieste torna a casa ma con una valigia rotta e vestita di stracci.
Trieste torna a casa con l’Adriatico che grida “Italia” e la Vittoria, da sopra il Faro, che nonostante tutto saluta fiera il tricolore.
E anche noi, oggi, ricordiamo e festeggiamo con orgoglio la Trieste italiana, ma con la gioia di averla ritrovata viene anche l’amaro di sapere che, in fondo, non doveva tornare da sola.









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