Di Maria Vittoria Giglio
Perché affidarsi alle parole del pensatore francese Montesquieu, nella sua epopea “Lo spirito della leggi”, in cui faceva riferimento alla divisione netta dei tre poteri -legislativo, esecutivo e giudiziario- e della non prevaricazione di uno dei tre, quando le perverse elucubrazioni togate hanno voluto, in passato e desidererebbero tuttora smantellare il sistema democratico scelto dagli italiani.
Famigerato è il caso dell’attuale sottosegretario alla giustizia Andrea Delmastro, per il quale, sembrava davvero venir meno il peso dell’accusa di una presunta “rivelazione di segreto d’ufficio”, tant’è vero che la Procura di Roma ne aveva richiesto l’archiviazione, ma il Giudice per le indagini preliminari, di contro, ne ha ordinato l’imputazione.
Per il momento, nulla quaestio, poiché il magistrato, nel pieno dei suoi poteri ha ritenuto opportuno il provvedimento suddetto.
Non fosse altro per la velocità con cui si sono susseguite le vicende del Ministro del Turismo, Daniela Santanché e del figlio di Ignazio La Russa, Leonardo.
Il 15 giugno u.s. il Ministro della Giustizia, Nordio ha presentato in Consiglio dei Ministri, con successiva approvazione da parte di quest’ultimo, la nuova riforma circa l’abolizione del reato di abuso di ufficio (ex art.323 c.p.), la “limitazione” nella pubblicazione per mezzo stampa di intercettazioni che non siano servite in fase processuale e la scelta della carcerazione preventiva, non più attraverso un solo magistrato, ma da un collegio composto da tre organi giudicanti.
Tutto andato secondo le aspettative: il disegno riformatore del Guardasigilli è stato prontamente attaccato e quale mezzo migliore per farlo, se non “punzecchiare”, giusto per minimizzare, personaggi di spicco sia della coalizione di centrodestra che del primo partito d’Italia?
Alessandro Manzoni considerava “felici” coloro che siedono dietro lo scranno, dietro cui capeggia la scritta “La legge è uguale per tutti”, perché svolgono il “sacro, terribile e necessario” lavoro di capire la colpevolezza o meno di loro eguali.
Allo stesso tempo, ne “Storia della colonna infame”, l’autore criticava l’arbitrio sottomesso alla passione che, nell’istante decisionale, annebbiava i cuori e le menti di chi era chiamato a esprimersi sul giusto e sul sbagliato.
Corsi e ricorsi storici, sì e attende sia l’attuale classe dirigente sia quella del domani la sfida per evitare che rappresentanti governativi vengano messi alla gogna, dapprima dai giornali, spesso in collaborazione con le procure, in seguito, se non simultaneamente, da esse.
La gloria terrena, come i fatti di questo mondo è effimera, l’eterna si costruisce fondendo il significato giuridico della parola “giustizia” con quello spirituale e cioè con, nella prima circostanza, l’adesione totale alle leggi e nella seconda, mediante il rispetto delle istituzioni tutte e l’onore verso il proprio dovere sociale.
Così agendo si eviterà qualsiasi tipo di attentato alla civiltà.
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