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Discriminati, da chi?

Di Maria Vittoria Giglio


E non cantatela, per favore


“O partigiano, portami via, o Bella ciao, Bella ciao, Bella ciao ciao ciao”…

Questo echeggia al Pride nella capitale d’Italia!

Premettendo che i sinistri hanno sempre tenuto a sottolineare la mancanza di correnti politiche nelle battaglie per i diritti civili e che quello è un inno, come la storia studiata nel modo in cui si è svolta insegna, non necessariamente riconducibile a qualcosa di bello, esempio lampante la loro beneamata resistenza, perché riproporlo ogni sacrosanta volta?

Non mi risulta la presenza, in questo Paese di un uomo cattivo, affetto da calvizie, noto alle cronache distorte della sinistra soltanto per demeriti. Non ritengo, quindi, che vi sia bisogno di resistere a un regime oppressivo. Vieppiù, amici/compagni della comunità LGBTQIA, se quanto scritto sopra avesse rappresento la realtà odierna, né io con questo scritto, né voi con la legittima manifestazione, avremmo avuto il diritto di esprimere in primis il nostro essere in quanto persone, immediatamente dopo il nostro pensiero e la nostra formazione, perché no politica.

Non me ne vogliate, ma “Bella ciao” viene intonata da coloro che amano definirsi comunisti, ebbene, un compagno integerrimo, per molti rappresentanti della sinistra estrema un idolo, Ernesto Guevara, in sinergia con un altro divo rosso, Fidel Castro, negli anni Sessanta, propose, come riportato in un articolo di “gay.it” del 19 luglio 2017:

“un piano generale che prevedeva i campi correzionali per i nemici e per i corruttori dei costumi: attori, ballerini e artisti omosessuali furono confinati in speciali sezioni nei lager e la repressione fu atroce. Erano infatti sottoposti a punizioni corporali, costretti a salire le scale con scarpe zavorrate di piombo o a tagliare l’erba con i denti. Atrocità. Il primo fu aperto nei primi mesi del 1960 nella penisola di Guanaha, altri ne apriranno nella zona di Los Palos”.

Infine non mi abbia a male la signora Schlein, la quale ha rimarcato l’importanza del ddl Zan.

Credo che unanimemente le discriminazioni, le minacce, soprattutto quelle mutate in violenza psicofisica, si denuncerebbero. Non è necessaria la categorizzazione in base all’orientamento sessuale di un soggetto. Se così accadesse, verrebbe meno il principio irremovibile per il quale siamo tutti uguali.

Le discriminazioni sono gravissime e da sanzionare, come già riportato nel codice penale italiano, con un occhio di riguardo all’articolo 604 bis, oggetto di revisione da parte del disegno di legge suddetto, che sancisce “E' vietata ogni organizzazione, associazione,  movimento  o  gruppo

avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione  o  alla

violenza per motivi razziali,  etnici,  nazionali  o  religiosi”.


Il problema è sì insito in quelle menti che vedono nella diversità un pericolo, ma, dal momento che il corpus di leggi punitivo, per sua stessa definizione vieta la formazione del fenomeno discriminante, ciononostante, gli episodi di violenza verso omosessuali non sono mancati, allora la legge non è stata fatta rispettare a dovere. In definitiva, se le istituzioni preposte si impegnassero di più a far osservare le leggi, finalmente l’incubo delle bandiere sui diritti svanirebbe nel nulla, non avendo bisogno di altri provvedimenti che andrebbero a incancrenire una macchina burocratica già fatiscente.

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