di Pasqualino Santoro
Uno spettro si aggira per l’Italia: lo spettro del Patriarcato.
Ci siamo di nuovo, le urla strazianti delle femministe ritorna tra manifestazioni di piazza e post sui social. Qualche settimana fa è stato ritrovato il corpo di Giulia, una ragazza di 22 anni assassinata da un energumeno. Si, da un energumeno e non da un Uomo, sebbene il suo sesso sia quello non è questo il fattore. Non me ne vogliate femministe, ma ciò che ha causato la morte di un innocente ragazza, anche troppo buona, non è l’essere uomo. Le famigerate femministe che gridano frasi del tipo: “le donne sonno il solo futuro possibile” o “le donne sono superiori”, sono frasi arroganti e discriminatorie tanto quanto le stesse frasi predicate al maschile. Un cubo rovesciato resta sempre un cubo. E il femminismo, così inteso, non è altro che un maschilismo al femminile. Da questo presupposto bisognerebbe partire prima da un radicale cambiamento del nome, che consiglio in parità di genere, e poi dalle battaglie.
Dopo la morte della ragazza le parti politiche non hanno aspettato un attimo per sciacallarci sopra. Ed ecco che il grido estremista rosa, sostenuta da una certa parte politica che siede a sinistra nel parlamento si è elevata a generalizzare sul sesso dell’assassino… lo spettro si aggira ancora: il patriarcato.
Il patriarcato è quella società dove gli uomini comandano, obbligano, violentano, se è necessario uccidono le donne che sono sottomesse. Quindi questa sarebbe la nostra società: una società che viene definita sbagliata, ma che in realtà non è possibile circoscrivere con giudizi morali, poiché analizzando nella nostra storia, l’attuale, per chi professa che questa sia la società odierna, è la migliore per loro.
Esiste un problema di fondo che bisogna comprendere, le società non sono mai sbagliate, sono semplicemente frutto di una storia, di un modo di pensare e di una cultura.
Eppure, la nostra di società non è poi cosi male, ovviamente paragonando ad altre, in Italia siamo sotto la media dei femminicidi europei (sottolineo che anche uno è troppo, di qualsiasi matrice), interessante sottolineare che i paesi del nord Europa ritenuti i più femministi, i famosi paesi dell’uguaglianza, hanno i tassi di femminicidi più alti.
Allora, la narrazione progressista come lo spiega? A questo è possibile rispondere in due modi. Il primo che il patriarcato non esiste. Il secondo che proprio le società che vengono promosse, quelle fluide si intende, sono più violente di altre.
Tornando sul primo punto, si può dire effettivamente che la società patriarcale non esiste, anzi proprio noi italiani potremmo essere esempio di una società dove le opportunità per entrambi i sessi esistono, e questo esempio è indubbiamente il nostro Presidente del Consiglio, che si è fatta strada in politica da giovane militante, si è creata una carriera sul consenso ed oggi milioni di italiani credono nel suo progetto di una nuova Italia. Il patriarcato non esiste perché “il divario di genere” è relativo, infatti esistono i contratti collettivi, che non fanno distinzioni di salario e nel pubblico sono tutti dipendenti indistintamente dal sesso.
Questa è la dimostrazione che le femministe dovrebbero cambiare proprio battaglie, perché sono altre, se si vuole migliorare la condizione della donna. Il secondo punto è evidente quando si cerca di creare una nuova società (mai sbagliata o giusta), dove l’uomo devirilizzato non si sente realizzato ed è incapace di rispondere ai no, o per lo meno lo fa con la violenza e non in una forma razionale. Questo è frutto della società fluida tanto ambita, dove i genitori non riesco a farsi carico neanche delle responsabilità dei figlio perché in questo tipo di collettività il padre o la madre non svolgono un ruolo di educatore, anche un po' autoritario se serve, i genitori ormai sono spostati in una forma di amicizia con il figlio, la conseguenza è che non ci si abitua a sopportare i no o farsi carico dei propri fallimenti reagendo in modo razionale e non disfattista. Per non aggiungere la questione della scuola. L’unica forma per contrastare le violenze è mettere in moto una certa intelligenza nei ragazzi che può essere prodotta solamente tramite la cultura. Le materie che si studiano ( e forse anche il sacrificio di riuscire in queste, anche se non potrebbero piacere), stanno per essere sostituite con una serie di educazioni: civica, stradale, sessuale, sentimentale… il risultato: fuffa.
Se si vuole evitare violenze prima fisiche e poi psicologiche bisogna farlo con l’unico mezzo: la cultura. Eppure, si propone il modello scolastico del nord Europa, privo di sacrifici e forse anche di fallimenti, quelli che servono per formare effettivamente l’individuo. Stranamente, proprio questa parte progressista vuole eliminare la famiglia e quindi la si vuole rendere fluida, i risultati sono questi, uomini devirilizzati incapaci di rispondere agli impulsi fallimentari ed emanano la propria frustrazione con la violenza sulle persone che riescono, che gli impongono i no, e per questo sono bloccati in un loop mentale che li impedisce di reagire con razionalità.
Ormai si è aperta questa guerra dei sessi dove a perdere sono tutti. Affrontare questa sfida è tutt'altro che agevole. Ci troviamo di fronte a una lotta quotidiana contro i nostri istinti più primitivi, ma anche a una crisi di identità senza precedenti che coinvolge uomini e donne, trasformandoli in rivali spesso in competizione e talvolta addirittura avversari. In un contesto di confusione diffusa, dove la nozione di genere si dissolve (come evidenziato dalla teoria del genere) o si riappare in base alle circostanze (come nel caso della presunta criminalizzazione del maschio), c'è la possibilità per gli uomini di contribuire positivamente.
Ognuno nel suo piccolo e, soprattutto, nei momenti più difficili. La colpevolizzazione di un intero genere sarebbe quasi lecito, se il numero di femminicidi e violenze arrivasse a numeri impensabili come il 10% degli uomini che effettuano questi atti.
Fortunatamente, oggi possiamo parlare di devianze che vanno assolutamente contrastate con qualsiasi mezzo, a partire dalla prevenzione, dalla sicurezza delle donne, dalle punizioni GIUSTE per gli assassini e per i violentatori. L’importante è che non si cada nell’errore di generalizzare su un intero genere, perché care femministe, io non sono responsabile, mai lo sarò, e così anche il 99% del genere maschile, dell’assassinio di nessuna donna. Il primo nemico da abbattere per poter realizzare buoni propositi per migliorare il numero di violenze (ovviamente in senso positivo) di qualsiasi genere è la retorica della società aperta, sperando di non sentire mai più notizie come quella di Giulia, e ancor meglio la voce di qualche femminista che colpevolizza un intero genere, a colpi di slogan intrisi d’odio.
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