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Mangiatoia capitalista

di Ilaria Telesca


“Il capitalismo è la via del diavolo e dello sfruttamento, del tipo di miseria e disuguaglianza che distrugge i valori sociali.”


Così parlò Hugo Chavez, eroe venezuelano, amante della giustizia sociale ed eterno nemico dell’oppressione liberista.


L’America Latina ha una storia importante, piena di ardore e senso di libertà, che affonda le sue radici nella repressione coloniale che, con le giuste menti al comando, si è trasformata poi in un vero e proprio riscatto popolare.


Il “Libertador” Simon Bolivar riuscì già nel XIX secolo a porre le basi per l’indipendenza dei Paesi sudamericani.

Dopo aver passato parte della sua vita in Europa e dopo aver abbracciato gli ideali rivoluzionari dell’epoca, cercò di riproporre i valori di libertà, uguaglianza e fratellanza - in chiave estremamente sociale - nella sua Patria, al fine di liberarla dal dominio spagnolo.

Riuscì a istituire la tanto ambita Grande Colombia, unione di Stati politico-militare che affermava con forza il pensiero socialista, rifiutando categoricamente le dottrine liberali.


La Rivoluzione bolivariana fallì nella pratica, la confederazione si sciolse, ma l’idea di un’America Latina libera, indipendente e socialista non è mai stata sconfitta.


Alla fine del secolo scorso, infatti, Hugo Chavez prese le redini del Venezuela e, attuando saggiamente una contestualizzazione temporale della lotta, con la sua politica dichiarò guerra (strategica ed economica) agli Stati Uniti e alla loro continua imposizione del pensiero liberale e della pratica liberista.


Per raggiungere il suo scopo di Stato Sociale, Chavez mise in campo azioni patriottiche, come la nazionalizzazione dell’industria petrolifera e l’uscita dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale.

La sua idea si basava su una cooperazione di Paesi poveri che, insieme, avrebbero potuto fare a meno della superpotenza a stelle e strisce e, anzi, avrebbero potuto esserne competitor.


La lotta socialista di Chavez non tramontò con la sua morte; tracciò anzi la rotta per quella che è stata ed è tutt’ora la politica - anch’essa bolivariana - di Nicolas Maduro.


Dopo questo sintetico excursus storico, arriviamo ad oggi.

Il Venezuela - così come tutta l’America Latina - ha sempre dovuto combattere contro l’egemonia degli Stati Uniti, il cui scopo è quello di avere delle pedine al comando dei Paesi sudamericani per giovare delle loro ricchezze economiche, ovvero delle materie prime che questi Paesi possiedono.

Per raggiungere tale scopo, ha spesso attuato la politica dell’accusa nei confronti dei “non allineati”, definendoli complici del narcotraffico, per nulla democratici e colpevoli della povertà dilagante.

Tipico comportamento atlantista, insomma.


Negli ultimi due mesi, Trump ha intensificato alcune operazioni segrete della CIA per rimuovere l’attuale governo venezuelano e liberarsi di un peso politico non di poco conto.

Non sono supposizioni, men che meno pensieri complottisti: il Presidente USA ha ammesso pubblicamente di averlo fatto e di non volersi fermare fino alla sconfitta di Maduro.


Ma non è tutto. Gli USA hanno rafforzato anche l’occupazione militare nei Caraibi, il che ha particolarmente allarmato non solo il Venezuela ma, con essi, anche Colombia, Cuba, Messico e così via.


La forza del socialismo sudamericano deriva anche da una sorta di destino comune che spinge i Paesi dell’area a collaborare e a non abbandonarsi a vicenda (sempre che non siano amministrati da “pedine allineate” agli Stati Uniti).

Il primo appello che Maduro ha lanciato pubblicamente, infatti, è stata la richiesta di supporto da parte dei popoli che hanno a cuore la causa, prima ancora che dai Governi.

Ciò, però, non ha pregiudicato una serie di affermazioni di vicinanza al Venezuela da parte di vari Paesi in questa vera e propria guerra messa in atto dagli USA.


È arrivato il supporto del Messico, della Cina (in particolare dopo l’attacco americano ad una nave venezuelana che non aveva nulla a che fare con il narcotraffico), di Cuba, della Russia: il sostegno da parte di quest’ultima si è cristallizzato con l’approvazione della Duma del Trattato di associazione strategica e cooperazione con il Venezuela, sottoscritto da Maduro e Putin nel mese di maggio.


Trump continua a giustificare i suoi attacchi - mediatici, economici e, ultimamente, militari - al Venezuela con allusioni da soap opera, come “Caracas ha svuotato le prigioni verso gli Stati Uniti” o “molte droghe provengono dal Venezuela”.

Anche le Nazioni Unite sono ancora in attesa di prove reali che affermino la giustizia dell’operato di Trump. Nazioni Unite davanti alle quali Maduro ha denunciato l’accaduto, sostenendo che lo scopo di tali aggressioni non è la lotta al narcotraffico bensì il predominio sul petrolio, e ha inoltre affermato che, nel caso in cui ci dovesse essere un’escalation militare, il Venezuela avrebbe il diritto di difendersi e di farsi aiutare dai suoi alleati.


Dagli Stati Uniti, con totale noncuranza della giustizia e del rispetto, arriva invece la proposta del Senatore Graham di annettere il Venezuela come cinquantunesimo Stato degli USA, ovviamente con una nuova leadership, ben rappresentata dalla Machado, neo Premio Nobel per la Pace che, non a caso, ha dedicato anche a Trump.

Graham, è bene ricordarlo, è quello stesso Senatore che, per porre fine alla guerra in Medio Oriente, aveva suggerito di sganciare una bomba atomica su Gaza: penso basti questo per inquadrare il personaggio.


Nonostante sia sotto attacco, il Venezuela - anche secondo la Commissione Economica per l’America Latina e i Caraibi (CEPAL) - continua a crescere economicamente.

I motivi sono diversi, ma uno su tutti rappresenta la sua strategia vincente: Maduro punta su una politica al 100% senza importazioni. Non a caso l’economia del Venezuela non si ferma solo e soltanto all’industria petrolifera, ma ha cominciato a diversificare i suoi prodotti, puntando sull’autosufficienza e approfittando del mondo multipolare per individuare diversi partner e reti commerciali.


Quella di Maduro è una politica da guardare con ammirazione, una politica che rifiuta l’imposizione di un singolo alleato-padrone, che fa delle proprie risorse una ricchezza, senza svenderle all’offerente più minaccioso.


I vizi del liberismo e dello Stato capitalista sono evidenti così come lo sono le virtù del socialismo e dello Stato Sociale.

A noi la scelta.

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