di Alex Percalli
Sono su tutti i giornali, in questi ultimi giorni, notizie riguardanti la delicata situazione in Medio Oriente.
Partiamo dal presupposto che a nessuno piace fare la guerra e nessuno ci guadagna dal conflitto in sé, ma sussistono ragioni collocate nella parte sommersa dell’iceberg all’origine di ogni conflitto.
Questo non vieta, tuttavia, di fare un bilancio della situazione e trarne delle conclusioni.
I dissapori in atto tra le due parti, gli arabi di Hamas, più in generale Palestinesi, e gli ebrei d’Israele non sono certo una novità: è dal 1948, quando venne a crearsi lo Stato d’Israele per volere delle Nazioni Unite, che nel Vicino Oriente abbiamo creato un campo minato.
E sì, “abbiamo”, perché la situazione che viviamo oggi è causata dall’instabilità e farraginosità che Noi, parte della Comunità Internazionale, abbiamo costruito sotto la bandiera azzurra dell’Onu.
È sotto gli occhi di tutti che la creazione unilaterale di uno Stato in un territorio già occupato da altri non sia il massimo in termini di legittimità, ed è per questa ragione che è comprensibile l’astio del mondo arabo e di chi appoggia quest’ultimo nella questione israelo-palestinese.
Tuttavia, è pur vero che è dall’alba della storia dell’uomo che l’ordine e il benessere si creano, piaccia o no, con la sostituzione delle popolazioni più deboli in favore di chi è più in grado di governare un determinato territorio.
Ora, però, vi chiederò di leggere l’attualità con un occhio maggiormente pragmatico, tenendo conto del fattore-tempo.
Appoggiare la causa palestinese negli anni ’50 è comprensibile, farlo nel 2023 è irresponsabile: queto perché, nel corso dei decenni, in Israele si è sviluppata una civiltà pienamente integrata nello scenario internazionale, con uno degli indici di sviluppo umano (ISU) più alti del mondo (Israele è al 22° posto nel 2022, l’Italia è al 30°, per intenderci), ai primi posti per Libertà economica (34°, Italia al 69°) e nel The Economist Democracy Index (29°, Italia al 34°), parte integrante del mondo Occidentale.
Non a caso, il governo Meloni ha immediatamente espresso il proprio sostegno nei confronti di Israele, a dimostrazione della vocazione liberale, democratica e atlantista del centrodestra italiano.
È per questo che lo Stato d’Israele ha il dovere di difendersi e di contrattaccare: oggi il problema non viene dalla cultura ebraica, ma dal sempre più diffuso islamismo politico, che ogni anno di più invade anche la nostra Patria.
Che questa possa costituire, all’ombra degli orrori della guerra, una vittoria della Democrazia e della Libertà!
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