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Peppino Impastato

di Mattia Ferrarese


Cento passi separavano la casa di Peppino Impastato da quella di Tano Badalamenti, il boss locale.

Figlio di una società collusa, promesso sposo a Cosa Nostra ma padre del cambiamento, valoroso nemico dell’omertà ed impavido ragazzo assassinato con un sasso, per poi essere adagiato sui binari della linea ferroviaria Palermo-Trapani e fatto saltare in aria col tritolo.

Giuseppe “Peppino” Impastato, morì a 30 anni.


Non saranno i nostri ideali politici contrapposti a consentirmi di non immedesimarmi in un mio coetaneo e di riprendere le sue parole: “Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda. Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi, prima di abituarci alle loro facce, prima di non accorgerci più di niente”.

Così, anche io oggi mi ritrovo a scrivere che le prevaricazioni, la corruzione, gli illeciti, gli intrighi, le minacce, il “pizzo” e tutte quelle nefandezze umane portate avanti dai potenti, non siano altro che un grande accumulo di sterco e puzzo di bruciato del tritolo.

Peppino era candidato alle elezioni comunali di Cinisi, il paese da cui risuonava la sua radio critica nei confronti di politici e mafiosi locali, dove simbolicamente guadagnò il seggio utile a sedere sugli scranni delle vie decisionali.

Ma Peppino a quella poltrona non ci arrivò mai.


Il suo corpo venne trovato senza vita proprio durante la campagna elettorale, infangato da un depistaggio che portasse alla maleodorante tesi terroristica e che, fortunatamente, non venne ritenuta credibile.

Ecco, se oggi dovessi pensare di scendere per le strade e per le piazze ad urlare ed inveire contro i mafiosi difficilmente riuscirei a credermi tanto valoroso ed ardito: non perchè le associazioni mafiose siano scomparse, ma perchè si celino sempre più tra i gangli burocratico-amminsitrativi e siano meno evidenti. Meno ostentanti della tracotante arroganza e della patologica sete che solo il potere sia in grado di regalare.


Il coraggio non si dimostra compiendo una scelta, ma difendendola con le unghie e con i denti. Incondizionatamente.

Il coraggio non è da molti, figuriamoci se fosse per tutti.

Sono le nuove generazioni ad aver bisogno di essere risvegliate dal sonno dell’indifferenza e dall’apatia dell’abitudine: bisogna far conoscere queste vicende, i mezzi e gli strumenti con cui si cercò di tappare la bocca a migliaia di onesti cittadini, che hanno sempre creduto e sperato in un’Italia migliore.


Cento passi, li avrei percorsi volentieri seppur dai lati opposti degli schieramenti, insieme a Peppino Impastato per dire al mondo intero che la mafia è ancora oggi, come allora, una montagna di merda.

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