La storia di come il membro di un’organizzazione criminale diventa “un’attivista antifascista
in pericolo”
di Andrea Catalini
Se vi siete persi qual è la nuova priorità della sinistra e di molti organi di stampa da qualche giorno a questa parte state proprio indietro!
Abbiamo la fortuna di avere una connazionale dai caratteri angelici, una sorta di martire della cattiva giustizia ungherese.
Basti pensare che la poveretta è detenuta e rischia il carcere per l’accusa di un delittuccio minore, come l’aver aperto la testa a due persone… no, un momento, mi correggo: a due militanti di estrema (c’è chi dice “estremissima” o persino “ultra”) destra. Dunque, ca va sans dire, a due creature che devono godere di considerazione inferiore a quella riservata agli animali domestici. Allora sì che la nostra connazionale non solo sta essendo punita in maniera esagerata, anzi dovrebbe essere riaccolta in italia con tutti gli onori che le competono: comitati di accoglienza, conferenze stampa, ospitate televisive e perché no, la pubblicazione di un libro sulla sua lotta.
Poco importa se stiamo parlando di una donna accusata di far parte del gruppo criminale tedesco “Hammerbande”, letteralmente “banda dei martelli” visto il loro amore per questo strumento per spezzare crani e gambe, un’organizzazione la cui fondatrice è stata condannata a 5 anni di carcere in Germania.
Avete notato come quasi ogni volta che si cita -quando lo si fa- il motivo per cui la “maestra di 39 anni” si trova dietro le sbarre i giornali sono ben attenti nello specificare chi erano le vittime dell’aggressione? Non si usano i termini “aggressione politica” oppure “pestaggio”, che pure rappresentano la realtà ma metterebbero in cattiva luce la Santa. Si parla sempre di aggressione a militanti “neofascisti/neonazisti/di ultra destra” e mai si pone l’accento su quanto sia perversa la logica che porta un’italiana e vari tedeschi a mettersi in viaggio, giungere in Ungheria perché c’è una manifestazione che non apprezzano, mettere in piedi una contromanifestazione, portarsi appresso armi di vario genere e cercare due ragazzi da soli nei dintorni dell’evento con l’ansia di sporcarsi le mani del loro sangue. Invece si decide di porre l’accento sulle posizioni estreme delle vittime, con cui tanto per esser chiari non condivido neanche una virgola o un apostrofo a livello politico, sottintendendo che loro sono i cattivi e Santa Ilaria Salis la buona, che l’Ungheria punisce “un’attivista” e non una donna accusata di gravi violenze contro persone e contro la vita democratica.
Avesse picchiato dei cani si sarebbe posto meno l’accento sulle vittime, poiché quell’azione è trasversalmente considerata sbagliata, mentre oggi dietro i titoli su questa storia non posso fare a meno di leggere la vecchia frase “uccidere un fascista non è reato”.
Non serve, ma è giusto aggiungere, che nella loro furiosa “lotta antifascista” gli hammerbande (Salis inclusa) hanno preso sotto i loro martelli anche cittadini ungheresi inermi che passavano nel momento sbagliato nel luogo sbagliato. Si saranno resi colpevoli di essersi vestiti troppo di nero? Chissà, in tal caso, proponiamo l’attenuante.
Tutto ciò è pericoloso, deve farci orrore, deve essere condannato perché riapre le pagine più buie della storia della democrazia europea. Dove sono tutti quelli che si dichiarano preoccupati per la democrazia a ogni starnuto di un membro del governo?
Partendo dal concetto di contromanifestazione, già si parte male.
Come ricordava la nostra Presidente Meloni nel 2022 a seguito di alcuni scontri in Sapienza, la libertà di espressione e manifestazione va sempre tutelata, proprio per questo nessuno di noi si è mai sognato di fare una contromanifestazione per impedirne un’altra… e parliamoci chiaro, di manifestazioni indegne di una democrazia moderna ne vediamo spesso da sinistra, dove non ci si vergogna affatto ad agitare pugni chiusi e inneggiare a dittatori. Ne so qualcosa come responsabile di Azione Studentesca Roma, ruolo che mi ha portato a vivere giornate come quella del 21 febbraio 2022, quando collettivi e centri sociali ci hanno bersagliato con bombe carta e hanno intonato cori con i cognomi di alcuni di noi augurandoci la morte. Il tutto avveniva sotto un’istituzione democratica come il MIUR, di fronte da una forza di polizia paralizzata che non difendeva il diritto a una manifestazione autorizzata degli studenti romani di Azione Studentesca.
Noi che senza chiamarci democratici lo siamo fieramente, la nostra avversione a un’idea la manifestiamo con un’altra idea, un’altra manifestazione, un modello alternativo, mai cercando di impedire manifestazioni altrui.
Detto cosa trovo assurdo di questa vicenda voglio essere chiaro: è sacrosanto che il nostro governo si occupi dei diritti di una connazionale sotto processo all’estero; è inaccettabile che le carte del processo siano giunte nelle mani degli avvocati di Ilaria Salis in ritardo o comunque troppo tardi per consentire di costruire un impianto di difesa; non si può accettare senza far nulla il fatto che siano state tagliate per mesi le comunicazioni tra la famiglia e la detenuta; qualsiasi persona i custodia della giustizia, specialmente se ancora presunta innocente, deve essere trattata con dignità; le critiche sulla lunghezza della pena sono legittime, benché basate su valutazioni soggettive e comunque in interferenza con decisioni che riguardano la sovranità dello stato ungherese.
Finiti i disclaimer, posso concludere specificando che il problema non è la difesa dei diritti di chiunque incluso Caino, il problema è santificare chi santo non è a scopi politici, opera di cui la sinistra è esperta vedi il caso globale di George Floyd. Il problema è anche dei media che per costruire una notizia più vendibile hanno bisogno di semplificare le cose e quindi partecipano a questo circo. Il problema è che in questo iter di beatificazione, proprio chi rilascia patenti di democrazia a tutti dimentica la bellissima frase “Non sono d’accordo con quello che dici ma darei la vita affinché tu possa dirlo” e con essa dimentica come si fa ad essere democratici.
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