di Ilaria Telesca
Se c’è un tema su cui non potranno mai smuoverci è la nostra produzione agroalimentare.
Il cibo italiano non è famoso in tutto il mondo per caso, ma perché dietro ogni singolo prodotto c’è il sudore di un contadino, l’impegno di un agricoltore, la passione di un imprenditore.
Nessuno Green Deal potrà mai distruggere la nostra identità alimentare.
Lo sappiamo bene noi italiani, ma in realtà è un sentimento fortemente diffuso nell’intera Europa e ce lo dimostrano le proteste delle ultime settimane.
Uno dei cartelli su quei trattori diceva: “senza agricoltori: niente cibo, niente futuro”.
Una frase così semplice e così vera da far venire i brividi.
L’Unione Europea, che vuole propinarci cibo sintetico e farina di grilli, dovrà fare i conti con una realtà diversa da quella raccontata dagli ambientalisti di palazzo, quelli del veganesimo e della vernice sulle opere d’arte.
Una realtà fatta di tradizioni, di lavoro, di amore per la natura e per la terra, per i suoi frutti e per le sue peculiarità.
Mentre nel Vecchio Continente siamo costretti a scendere in piazza, gridando a voce alta dal sedile di un trattore che la politica agricola europea antepone la sostenibilità ambientale alla produttività dello stesso settore agricolo, che il mercato europeo è messo fortemente in difficoltà dall’import di prodotti ucraini a prezzi nettamente più bassi e che le misure per la neutralità climatica uccidono il settore agricolo anziché renderlo più “green”, dall’altra parte dell’oceano i magnati del progresso puntano i loro investimenti proprio su quest’ambito.
Il filantrocapitalismo di Bill Gates lo ha reso il più grande proprietario di terreni agricoli privati d’America.
Con la sua fondazione, infatti, che si nasconde dietro gli obiettivi benefici dell’assistenza sanitaria e della riduzione della povertà nel mondo, è riuscito ad essere proprietario di 300 mila acri per un valore di 700 milioni di dollari.
Diversi sono gli intenti che lo hanno portato all’acquisizione di questi terreni, primo tra tutti lo sviluppo di tecnologie agricole di cui Microsoft è uno dei principali leader, rendendo così sempre più rapido il consolidamento della massimizzazione del profitto, superando il concetto di alimentazione di qualità.
Una delle più spregevoli abilità dei filantropi è quella di scegliere un settore da capitalizzare, individuare un pretesto per risultare credibile, incentivare una campagna di marketing e demonizzazione verso ciò che potrebbe ostacolare l’impresa, impossessarsi del monopolio di quel settore e deciderne le sorti. Tutto ciò, la maggior parte delle volte, ha lo scopo di cancellare qualsiasi tratto tradizionale e culturale, ponendo la forza economico-finanziaria al di sopra di quella identitaria.
Più semplicemente, se Gates o chi per lui avrà il monopolio dei terreni agricoli, qualsiasi battaglia per la qualità dei prodotti, per l’accessibilità del cibo a prescindere dal reddito e per la sovranità alimentare sarà vana.
Un altro esempio ancora più lampante è quello di Mark Zuckerberg il quale, qualche giorno fa, ha annunciato il suo nuovo progetto tramite la pubblicazione di un post. Il fondatore di Facebook ha dichiarato di aver iniziato ad allevare bestiame alle Hawaii per creare carne di manzo della più alta qualità del mondo.
Un programma, quindi, volto alla creazione di un’alimentazione extralusso che solo i pochi e potenti potranno permettersi.
Tutto torna.
I filantropi monopolizzano agricoltura e allevamento per quell’1% più ricco che possiede il 43% della ricchezza globale, le istituzioni liberali impongono cibo scadente e a basso costo per il resto della popolazione che, in mancanza di sovranità in tali settori e, quindi, di alternative, è costretta a rinunciare al cibo di qualità e ad accontentarsi degli scarti dei potenti.
Capitalismo e filantropia, il mix perfetto per la distruzione della giustizia sociale.
Consentire a pochi privati di avere il privilegio di sfamare il popolo è la conseguenza di un sistema liberale che, moralmente e socialmente, ha senza dubbio fallito.
L’Unione Europea ascolti le richieste degli agricoltori, perché il sudore sulla fronte e le mani sporche di terra sono le fondamenta della rivoluzione che abbiamo il compito di realizzare.
Ama la trincea, disprezza il salotto.
Sempre e in ogni contesto.
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