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Traccia la rotta 2023

Di Francesco Di Giuseppe



Venerdì.

È il primo settembre.


Sono sul treno alta velocità che mi porterà a Reggio

Calabria, all’ennesimo appuntamento dell’anno targato, ECR con il portatile poggiato sul comodo tavolino reclinabile e le dita che battono veloci e sicure sulla tastiera.

Per essere più precisi sono sul treno che, partito da Milanostamattina alle 6.40, ho intercettato a Roma alle 10.30 e che ha lasciato “l’alta velocità” più o meno a Salerno, abbandonato totalmente la velocità a Vallo di Lucania, e che ora si dirige a passo di littorina verso sud costeggiando il mar Tirreno.


Ieri un messaggio vocale di Roberta mi ricordava, inesorabile, l’incedere del tempo: <<domani è primo settembre, vuoi uscire con il classico articolo tuo?>>.


Ed eccomi qua: sguardo allo schermo con i caratteri neri che si imprimono sul bianco.

È ormai una tradizione non scritta quella del primo di settembre, come una lettera di buon auspicio e di tabella di marcia da fissare per la nuova stagione politica alle porte.

Già, perché per noi che viviamo in città di mare, quando il calendario volta la pagina di Agosto per lasciarsela alle spalle è una sorta di capodanno fuori data e nasconde un significato distintivo.


È il tempo giusto per scattare un’istantanea, sedersi, prendere l’ultimo boccone di scirocco, godersi da soli il silenzio delle spiagge fino a poco prima affollatissime, guardare l’orizzonte e perdersi alla luce di un tramonto che inizia a cadere sempre prima dell’orario buono per la cena e con colori sempre più vivi e accesi.


Prima però, per far si che funzioni, bisogna sdraiarsi a pancia in su.

Aprire gli occhi, fissare il cielo, tracciare una rotta immaginaria, tra le nuvole o tra i sogni.


Manca poco alla fine del primo anno di Governo, del nostro primo Governo.

Sembra uno scherzo ma è così, lo dicevamo prima, il tempo passa, passa in fretta ed è giudice inesorabile.

Sappiamo tutti che tempo e politica non sempre vanno di pari passo: quante volte ci siamo sentiti dire o abbiamo detto noi stessi che un anno in politica equivale ad un’era geologica per definire la mole di cose, situazioni, questioni, avvenimenti che accadono durante una stagione politica.


E il nostro anno non è stato da meno.

Le elezioni anticipate, il trovarsi a correre (e sudare ancor di più) durante una stranissima campagna elettorale estiva. Una corsa alle preferenze all’inizio molto leggera, da portare sotto l’ombrellone per non disturbare troppo, tutti preoccupati dell’attenzione dell’elettorato che avremmo avuto, forse, dalla seconda settimana di settembre perché, si sa, l’italiano quando arriva l’estate stacca la testa, tanto che, in tempi passati, creava anche Governi ad hoc nella stagione più calda.


E poi i bagni di folla in ogni angolo d’Italia dove Giorgia Meloni interveniva, i nostri banchetti presi letteralmente d’assalto non solo dai nostri militanti, ma da tanti italiani che liberamente si mettevano a disposizione.

I sondaggi che facevano solamente presagire il successo.

Il comizio finale in Piazza del Popolo, nella nostra piazza, con un entusiasmo travolgente.

Domenica 25 settembre: vittoria, sobrietà, serietà.


Al lavoro pancia a terra dall’indomani.


Come racconta la campagna “Italia Vincente” iniziata poco più di venti giorni e che stiamo portando avanti da nord a sud, da est a ovest, sono già tanti i risultati raggiunti dall'esecutivo in dieci mesi.

Con la guida di Giorgia Meloni stiamo abbassando le tasse e riducendo il cuneo fiscale; abbiamo creato posti di lavoro riducendo la disoccupazione ai minimi; anche sul fronte della crescita economica la nostra Nazione sta andando meglio di Francia e Germania.

Cosa più importante: stiamo mantenendo le promesse della campagna elettorale, procedendo a passo spedito verso l'abrogazione del reddito di cittadinanza senza dimenticare i più deboli, ricordandoci di chi ha reso grande il nostro Paese andando ad aumentare le pensioni minime.

Poi la riforma fiscale e della giustizia che cambieranno radicalmente il rapporto tra cittadino e Stato: la macchina pubblica sarà più efficiente e la fiducia nei confronti dello Stato sarà ancora più forte. Il Governo Meloni si è saputo ritagliare un ruolo sullo scacchiere internazionale e la credibilità internazionale dell'Italia è aumentata, sul fronte interno sono arrivati importanti segnali nella lotta alla criminalità e per garantire sicurezza agli italiani.


E ora la testa non può che andare al grande impegno che ci aspetta il prossimo giugno, la madre di tutte le nostre battaglie degli ultimi anni: quelle elezioni europee che, finalmente, ci potranno far costruire un’Europa che da decenni cantiamo e sogniamo, un’Europa dei popoli fratelli. Una sfida importantissima per il futuro della nostra terra e anche del nostro stesso Governo.


Dal nostro punto di vista, Gioventù Nazionale ha dimostrato di saper fare il salto di qualità.


Non solo per l’elezione in Parlamento del nostro presidente Fabio Roscani, ma anche e soprattutto per aver compreso e tradotto l’impegno di fondo: ridare voce e spazio alla nostra generazione, prendere finalmente in mano le redini del nostro futuro, costruire le basi di una nuova società.


Dai territori alle scuole, dalle università fino in Parlamento.

Con il ritorno di Fenix, la nostra festa, un autentico successo!


Guai però a crogiolarsi sui successi: questo Paese ha la necessità di subire un cambiamento radicale, che non si può assolutamente compiere solo in un anno.


Abbiamo ancora l’esigenza di restituire centralità allo studente, puntando sulla sua formazione umana e culturale prima che lavorativa e nozionistica: sapere, saper fare, saper agire superando il concetto di istruzione finalizzata solamente al lavoro.

Nel nostro disegno di scuola ideale dobbiamo essere in grado di affrontare il segmento più delicato degli ultimi anni, quello dei programmi didattici, fondamentali nella creazione del “nuovo studente italiano” mettendo al centro la nostra identità nazionale e traducendola nella valorizzazione delle materie tecniche per crescere talenti dell’artigianato, delle arti e delle professioni, andando a recuperare il valore di quelle scuole professionali oggi tanto bistrattate; è fondamentale poi il recupero della centralità delle materie umanistiche come elemento distintivo della cultura italiana, investimenti nei laboratori perlopiù obsoleti per i futuri maestri dell’informatica e la crescita dei talenti nei campi della scienza, il tutto in scuole sicure e moderne, sfruttando appieno i fondi del PNRR.


Abbiamo ancora la necessità di dare battaglia al decadimento culturale e valoriale, unito all’appiattimento della formazione degli atenei gestiti dai soliti nomi noti di Baroni e baronetti, inamovibili dalle loro cattedre propensi più ad amministrare i loro interessi che alla loro missione istituzionale e che esaspereranno, come già accaduto in passato, le loro posizioni personali contro le scelte di Governo.


Dovremmo batterci altresì per rendere più accessibile l’università, rispetto a paesi europei dove le tasse universitarie sono basse o praticamente nulle, mentre noi italiani dobbiamo confrontarci con tasse in continuo aumento e servizi che continuano a diminuire.


Con l’aggravio che le Università italiane sembrano ormai essere diventate dei parcheggi nei quali si tenta di prolungare la permanenza degli studenti per ritardare loro l'accesso al mondo del lavoro.


Ormai Gioventù Nazionale è alle soglie del decimo anno.

Da scommessa osteggiata da molti a realtà viva, vera e radicata in tutta Italia.


Per me un sogno divenuto realtà, al quale mi sento di aver contribuito in prima persona dando vita ad una nuova generazione cresciuta sotto l’effige della bandiera che garrisce al vento stretta nel pugno.


Molti dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze si stanno confrontando da tempo con l’amministrazione della cosa pubblica, eletti in maggioranza od opposizione dei loro comuni di appartenenza, diventando consiglieri, assessori, presidenti del consiglio, sindaci, consiglieri regionali.


Ora, però, guai a ripetere gli errori del passato, da Alleanza Nazionale e Azione Giovani a PDL e Giovane Italia, soffermandosi solo sull’aspetto governativo o, come Partito e movimento giovanile, andare a traino esclusivamente di questo e ubriachi delle percentuali che salgono accogliere sulla nostra nave qualsiasi barca alla deriva.


Perché tanti sì, sono in difficoltà.

Ma molti sono pirati.


C’è una generazione che merita, che scalpita e che ancora non riesce ad esprimere al massimo il proprio potenziale a causa di vecchie logiche o vecchi volponi che percependo il cambio di vento hanno scientificamente occupato posizioni all’interno del nostro partito e movimento ma che, quando fisiologicamente andremo incontro alle difficoltà, saranno i primi a mollare le cime che tengono la vela del nostro veliero.

È il merito e la visione che parte dal basso ad averci fatti grandi.

È per questo che per vincere ci abbiamo messo dieci anni e non dieci giorni.


Comprendiamolo, facciamone tesoro, rispettiamo i territori e la nostra storia.

È l’unico modo per essere ripagati, poi, con i risultati a lungo termine.


Siamo abituati a scorgere l’orizzonte e pensare al domani.

Chi ha una certa visione, chi è figlio di una storia, di una tradizione come la nostra è abituato al sacrificio, a donarsi completamente per ciò in cui crede, altri semplicemente no.


Siamo all’inizio di una nuova stagione.

Distolgo lo sguardo dal cielo e lo rivolgo a voi.


Il mio in bocca al lupo va a tutti i ragazzi che quotidianamente si spendono e lavorano duramente per contribuire alla crescita della nostra comunità, prima umana che politica, che lo facciano dalle scuole, dalle università, dalle sezioni o dalle piazze, dalle istituzioni.


A voi auguro di continuare ancora a battervi per il giusto, di non tirarvi mai indietro a credere e lottare ancora per la bellezza, unico scopo a cui tendere.


Il viaggio continua.

La compagnia promette Wifi fluido e senza interruzioni, sono a Lamezia Terme, il pezzo lo avevo finito a Maratea: non prendeva nemmeno il 3G.


Forza… c’è un’Italia da ricostruire.

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