di Nicola D'Ambrosio, presidente di Azione Universitaria
Nel luglio del 2021 celebravamo, a distanza di quasi quindici anni dall’ultima edizione, il II° Congresso Nazionale di Azione Universitaria.
Quindici anni nel mondo accademico sono un’infinità di tempo. Trascorrerli senza una chiara linea da seguire ne aveva amplificato ancor di più la durata, con la sensazione che si fosse frapposto un abisso incolmabile tra una generazione e l’altra.
Eppure, la sentita ed appassionata partecipazione ai lavori congressuali faceva ben sperare.
Sin da subito prefissammo chiari obiettivi per il nostro movimento: la contaminazione del tessuto sociale di tutti gli Atenei d’Italia con una nuova idea di politica universitaria, la nostra, che ponesse al centro della nostra azione quotidiana la rappresentanza studentesca, il ruolo dello studente: un immaginario della vita accademica finalmente in controtendenza.
Un lavoro iniziato sin da subito, a partire dal grande successo delle elezioni del CNSU di maggio ’22 che hanno visto la nostra pattuglia di eletti aumentare ed arrivare ad eleggere in ognuno dei quattro collegi.
Tuttavia, lo strapotere della sinistra universitaria ha restituito una composizione dell’organo pesantemente sbilanciata, con 16 dei 30 eletti espressione del centrosinistra che ci ha relegati ad un mandato in opposizione per il triennio seguente.
La ritrovata linfa di entusiasmo attorno ad Azione Universitaria certamente ci riconsegna un movimento maggiormente radicato rispetto a due anni fa.
Ma questo da solo non basta.
Aumentano i circoli di AU da Nord a Sud e le richieste di costituzione, ma l’entusiasmo iniziale spesso svanisce presto.
Il messaggio che affido alle pagine di Magnete oggi, ancora una volta, è quello di comprendere la reale peculiarità della politica universitaria. Siamo sulla buona strada, ma il lavoro fatto sin qui non può e non deve interrompersi al primo giro di boa.
Contiamo oltre 30 nuclei di Azione Universitaria già ratificati, più di 40 potenzialmente attivabili. Eppure, in molti casi, l’attività politica si arresta con la ratifica delle nomine.
Tutto questo non è funzionale alla nostra missione politica.
C’è bisogno di avere la consapevolezza d’esser chiamati nella nostra azione quotidiana a conoscere, a studiare e a formarci per approcciarci alle nuove dinamiche accademiche; conoscere l’impalcatura del sistema accademico italiano, imparare ad occuparne le posizioni che consentono alle nostre idee di avere la giusta incisività.
Imparare il funzionamento degli organi di rappresentanza studentesca, iniziare a partecipare ai processi elettivi che consentono di ricoprire incarichi in Ateneo, per non lasciare che questi diventino egemonia della sinistra giovanile sempre più dedita alla difesa dell’anacronistico concetto dell’università di tutti per tutti che tanto piace al baronato accademico, sensibile a riempire le casse del proprio ateneo.
Conoscere gli strumenti con i quali dare forza alle nostre idee, alle nostre iniziative, alle azioni che quotidianamente portiamo avanti in ogni Dipartimento mediante la partecipazione attiva alla vita accademica, ai bandi destinati alle liste studentesche, chiedendo il riconoscimento delle nostre sigle negli Atenei italiani.
Capire l’importanza dell’“associazionismo” come strumento nel quale i ragazzi vedono e cercano risposte che spesso la politica dei partiti sembra loro non dare, ma che sono per noi il movente per dimostrare quanto di buono c’è ancora in chi agisce per tramutare le proprie idee in azione, dove uomini e donne sacrificano parte del proprio tempo per il benessere di tutta la comunità in cui vivono.
Dobbiamo allora avere l’avidità di apprendere appieno il funzionamento della macchina universitaria e dei suoi processi politici interni.
La strada compiuta è tanta, quella da compiere altrettanto. Continuiamo a costruire insieme il grande movimento universitario, rendiamo vivo e diretto il confronto con i nostri colleghi. Diamo una rappresentanza a tutti gli studenti che sia sempre e quotidianamente presente ed al loro fianco. Che li ascolti, ne comprenda i problemi e se ne faccia portavoce.
Solo così la vera rivoluzione che immaginiamo negli atenei sarà possibile. Solo in questo modo potremmo dirci soddisfatti del lavoro compiuto e degni di aver onorato gli incarichi che ricopriamo in Azione Universitaria.
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