Di Francesco Di Giuseppe
Rita Atria, un nome come tanti, una storia triste.
Una storia che grida giustizia da 31 anni e che in pochi, oggi, ricordano.
Nata a Partanna, nel cuore del trapanese, da una famiglia “pesante” una di quelle che lasciano eredità importanti, una famiglia mafiosa.
Sarà proprio la mafia a segnare la sua breve vita, sarà lei a strapparle via il padre, a soli 11 anni, e, qualche anno dopo, l’adorato fratello.
Ma la Sicilia, l’Italia, conosceva, in quegli anni, anche una storia bella, di coraggio, di legalità, la storia di Paolo Borsellino.
Ed è proprio in quegli anni che le vite di Rita e di Paolo si incontrano per non lasciarsi più.
Sconvolta dal dolore, lacerata dalle perdite dei suoi cari, Rita trova il coraggio di ribellarsi, di parlare e lo trova grazie all’esempio di Paolo Borsellino, divenendo una testimone di giustizia, seguendo le orme della cognata, Piera Aiello.
È in lui che trova un porto sicuro, è a lui che denuncia ogni fatto di cui era a conoscenza, è con lui che condividerà un amaro destino.
Ripudiata dalla sua famiglia, esiliata a Roma, Rita si toglie la vita una settimana dopo la tragica scomparsa di Paolo.
“Ora che è morto Borsellino, nessuno può capire che vuoto ha lasciato nella mia vita. Tutti hanno paura ma io l’unica cosa di cui ho paura è che lo Stato mafioso vincerà e quei poveri scemi che combattono contro i mulini a vento saranno uccisi. Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c’è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi ed il nostro modo sbagliato di comportarci. Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi ma io senza di te sono morta”
Aveva 17 anni.
Era a Roma, da settimane, da sola.
Borsellino aveva anche tentato di metterla in contatto con la madre perché si riconciliassero, ma era stato inutile.
Al funerale non c'era nessuno dei parenti, anzi, la madre, che l'aveva cacciata di casa, qualche settimana dopo è andata sulla tomba e l'ha presa a colpi di martello, spaccando la lapide e la foto della figlia.
L’onore della lotta, la pietà della sofferenza, il desiderio del cambiamento.
Rita non ha bisogno di commenti, solo di giustizia e della dignità del ricordo troppe volte negatole a causa di una sua debolezza frutto dell’orizzonte dei suoi 17 anni.
“Forse un mondo onesto non esisterà mai, ma chi ci impedisce di sognare. Forse se ognuno di noi prova a cambiare, forse ce la faremo.”
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