La storia di una moglie e di un'amante
e della terza guerra mondiale sfiorata sui cieli d’Italia
in una notte di mezz'estate!
Di Salvatore Tuzio
Potrebbe sembrare il titolo di una commedia italiana anni ‘70, invece è la Nostra Storia, una Storia sbagliata direbbe De André, una Storia che solo questa Nazione poteva produrre. L'Italia, una potenza del patto Atlantico (la Nato) la moglie ufficiale, e la Libia, nazione nell’orbita dell'U.R.S.S. nemica della Nato ma il cui capo di Stato, il Colonnelo Mu’ Ammar Gheddafi, possiede il 14% delle azioni della casa automobilistica di bandiera Italiana. - FIAT - e garantisce lavoro a migliaia di uomini in terra Libica nel settore energetico, l’amante per l’appunto.
Questo quadro microscopico, così surreale, si va ad inserire in quello macroscopico della Guerra Fredda, con il Mediterraneo valvola di sfogo delle tensioni mondiali.
Succede quindi che in una notte di mezz’estate, 81 persone prendono un normalissimo volo da Bologna a Palermo e durante il sorvolo del Mar Tirreno, l’aereo esploda e la causa venga attribuita da un bomba posizionata nella toilette del velivolo. Toilette poi recuperata intatta nei rottami caduti in mare.
Era la notte del 27 giugno 1980, un “attentato” fa esplodere in volo un Dc9 di Itavia;
attentato quindi, ma senza padroni ne rivendicazioni.
Quindi senza un vero e proprio scopo?
Questo, paradossalmente, da solo potrebbe bastare a mettere in dubbio tutto ciò che su questa storia si dirà di lì fino ai giorni nostri, quando l’ex Ministro dell’Interno Giuliano Amato, in un intervista a Repubblica sostiene la tesi che sin dalla mattina del 28 giugno di quel 1980, rimbalza per tutto lo stivale: “È stato un missile a far esplodere il Dc9 e causare la strage di Ustica”.
Perché dopo 40 anni l’ex Ministro dall’Interno dell’epoca sceglie di parlare?
Perché lo fa riportando le stesse parole del Presidente Cossiga, capo di Governo proprio nel 1980?
Peraltro andando contro quella che la ragion di Stato, per circa 40 ha difeso nelle aule di tribunali, che vedevano l’apparato Statale escluso dalla vicenda nonostante nelle indagini, sia di parte civile che penale, lo incriminavano per depistaggio.
Se è stato un missile, chi fu a lanciarlo e per quale motivo?
Forse la risposta non l’avremmo mai, ma possiamo ricostruire ciò che di sicuro le indagini civili, penali e le inchieste giornalistiche hanno portato alla luce nel corso degli anni:
La prima certezza è che quella sera due aerei caccia intercettori della nostra Gloriosa Aeronautica Militare si alzarono in volo dopo un scramble dall’aeroporto di Grosseto proprio mentre il Dc9 occupa quello spazio aereo.
Specifichiamo che il segnale di scremble non è un segnale di pericolo reale, ma potenziale, quindi potenzialmente ci poteva essere un pericolo vicino al Dc9.
Altro fatto certo è che i due piloti “squoccano” per due volte consecutive, azione che in gergo aeronautico indica un pericolo imminente, quindi il pericolo potenziale viene confermato una volta in volo.
Ma di quale pericolo parliamo?
Si aggiunga poi che dalla scatola fonica del Dc9 durante il processo civile viene ricostruito l’audio del secondo ufficiale di bordo che dice in comunicazione con il capitano del veivolo “guarda lì…”.
Cosa ci sarà mai stato di strano, alle 20.30 sopra i cieli di Ustica, quel 27 giugno da catturare l’attenzione di un pilota esperto?
Forse un aereo militare che si dirigeva verso di loro?
Un altro dato rilevante è il fatto che un sottufficiale della Aeronautica Militare, tornando a casa la mattina del 28 giugno, sconvolto in viso dirà alla moglie e alla figlia che quella notte mentre lui era di servizio al radiofaro di Poggio Bellone, “sui cieli d’Italia si è rischiata la terza guerra mondiale”. Perché il Maresciallo Dettori avrebbe usato proprio questa affermazione “guerra mondiale”?
Forse perché nei cieli sopra Ustica i velivoli non erano solo quelli militari italiani e il Dc9; forse l’avvistamento del secondo ufficiale a bordo del Dc9, era veramente relativo ad un mezzo militare e, molto probabilmente, non batteva bandiera italiana.
Un ulteriore dato rilevante è la posizione assunta dallo Stato Maggiore aereonautica il quale ha sempre smentito un traffico aereo nella zona dell’esplosione come ha sempre smentito teorie missilistiche.
Ragion di Stato o verità, situazione simile a Bologna, che però è segretata a differenza di Ustica dove, se pur ci fu un inchiesta avanzata dal giudice Priore, che vedeva i vertici della Forza Armata coinvolti nell’inquinamento di prove, l’ultimo grado di giudizio ha smentito la possibilità dell’inquinamento proprio per insufficienza stessa di prove, giungendo ad un paradosso logico, ma non giuridico;
se ci fu inquinamento non è dimostrabile.
Ma se come hanno dimostrato i processi civili, la teoria della Bomba non regge, se il processo penale non ha potuto stabilire se i vertici di forza armata abbiano o meno inquinato le prove, se è vero che lo scremble ci fu, e quindi è plausibile la teoria del missile, perché mai una aereo militare avrebbe dovuto colpire un bersaglio civile? E soprattutto che bandiera aveva sulla livrea questo aereo? Ed infine se ci fu una attacco militare, quindi una chiara dichiarazione di guerra, perchè i nostri vertici sposarono la tesi della Bomba?
Forse è lecito pensare che la teoria della Bomba serviva a coprire altro.
Ma cosa?
Qui ci viene in soccorso un docu-film francese Crash d’Ustica cui viene documentato come a far precipitare l’aereo, secondo questa ricostruzione, fu un aereo Francese decollato dalla portaerei Cloumont per abbattere l’areo di Gheddafi; primo nemico per i Francesi che avevano mire in Libia e avevano il fronte aperto in Ciad proprio contro Gheddafi.
Se prendiamo per vera questa tesi -che nel docufilm è dimostrata da una serie di indizi- sulla presenza della portaerei nel mediterraneo e del Mig libico trovato sulla Sila a 18 giorni di distanza dalla strage, con il cadavere del pilota in evidente stato di decomposizione, fatto risalire dall’autopsia a più di quindici giorni dal ritrovo, arriviamo a capire forse il motivo della teoria della Bomba sposata dalle autorità italiane: ovvero se Gheddafi stava sorvolando quello spazio aereo, il nostro spazio aereo, che era riservato alla tratte civili italiane, se era scortato da due Mig libici, vuol dire che l’Italia ne aveva consentito il transito; quindi un Paese delle Nato permetteva ad un nemico della Nato di sorvolare il suo spazio aereo nazionale.
Il quadro prende forma, anche se tutta da dimostrare con prove certe, prove che forse non arriveranno mai, perché gli unici depositari della verità sono i Governi Francesi che hanno secretato il fascicolo inerente Ustica.
Questo dimostra che qualcosa, quella notte, è successo sui cieli italiani, e che sicuramente coinvolgono la Francia, ma in quale misura è tutto da scoprire.
I nostri Governi ben poco potranno e hanno potuto fare perché a differenze di altre stragi come Bologna, su Ustica non ci fu nessun fascicolo secretato, ma a detta dei procuratori solo inquinamento di prove.
C’è però un ultimo dato, un presidente del Consiglio, Francesco Cossiga, che sostiene da sempre la tesi del missile, non un parente di una vittima, non un dietrologo di professione, ma il Presidente del Consiglio che è il Capo dei servizi segreti, quelli per intenderci che seguono sempre la Ragion di Stato.
81 vittime sull’aereo e più di una dozzina morti collaterali, come i due piloti dei caccia che si alzarono in volo quella notte, come i due sottufficiali ai radar morti di suicidio in circostanze misteriose, valgono ancora la ragion la Ragion di Stato?
E veramente possibile in una Nazione come l’Italia non riuscire ad ammettere di aver avuto una moglie ed un amante?
Proprio come in una tragedia d’amore dove i protagonisti sono un marito, la moglie e l’amante, a farne poi le spese sono sempre i figli!
Figli di un Italia troppo spesso indecisa, troppo spesso con un piede in due staffe, troppo spesso omertosa e arruffona, troppo spesso figlia a sua volta di “non ricordo” e di omissis .
Non speriamo nella redenzione, ma confidiamo bel buon senso, affinché la verità magari vinca per una volta la ragion di Stato.
Perché alle volte è più onorevole dire una dura verità che una buona bugia.
La Storia del Dc9 è la classica storia del posto sbagliato al momento sbagliato, dello scambio di persone, ma forse questa storia, se pur sbagliata merita di essere ricordata e non dimenticata affinché si arrivi alla verità, non certo come nella canzone di De André.
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