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Riccardo Ponzio

Vent'anni dal congresso di Viterbo: quanta strada abbiamo percorso!

Non esagerano coloro che sostengono che pochi giorni fa ha compiuto venti anni uno dei momenti centrali della storia della Destra italiana, il congresso di Azione Giovani a Viterbo.


Senza proclami esterni, in mancanza di luci da palcoscenico, all'interno di un palazzetto dello sport e non in un centro congresso chic si erano gettate le fondamenta per scrivere il capitolo che avrebbe poi portato buona parte dei nostri connazionali a riconoscersi nelle storiche posizione di un mondo mai prima maggioritario.

C'era la vittoria di misura - si parla di 8 o di 12 voti - di Giorgia Meloni su Carlo Fidanza. C'erano le componenti, gli accordi, i documenti programmatici, i discorsi che scaldavano i cuori, le differenti visioni del mondo e i litigi, che culminarono nelle mozioni su Israele-Palestina e nella diversa concezione del posizionamento internazionale che il movimento avrebbe dovuto assumere.


Riguardando ora il materiale di quei giorni, alcune posizioni ci appaiono tuttora attuali e condivisibili, altre un po' meno. Così come gli interventi, appassionanti in alcuni casi, noiosi in altri. L'elemento interessante per noi è però un altro: è quello che la vittoria di Giorgia Meloni, per meriti innanzitutto suoi ma anche di tutta quella intera generazione, avrebbe rappresentato un punto di svolta.

Un punto di svolta perché, con la piena consapevolezza o meno, a Viterbo nel 2004 dei ragazzi di nemmeno trent'anni avrebbero dato inizio al processo di definitiva archiviazione delle vecchie correnti di Alleanza Nazionale, preferendo - nella maggior parte dei casi - alle dinamiche divisive dei "vecchi" un nuovo modo di intendere la militanza politica, generazionale e unito.


Il 27 e 28 Marzo 2004 si era discusso apertamente, ci si era contati. Dal giorno dopo, al termine di un reale confronto "democratico", i vincitori e gli sconfitti si spogliavano dell'armatura e cominciavano - insieme - a conquistare spazi e guadagnare posizioni. Non più Fini, Gasparri o Alemanno, ma Meloni e una nuova generazione.

Questo "sentirsi generazione" è stato ciò che ha permesso di spiegare le vele e navigare in mano aperto, prescindendo da componenti passate o altre coordinate, senza rinnegare nè limitandosi ad essere megafoni di persone o posizioni altrui, arrivando poi a vincere la scommessa di un partito dato per spacciato e portato in conclusione ad essere il preferito dagli Italiani.


Venti anni dopo, questo sentimento unitario e generazionale rappresenta il più grande insegnamento che noi nati a cavallo del duemila possiamo trarre da quei due giorni sul parquet e sugli spalti del palazzetto dello sport di Viterbo.




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