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Zero scuse, non zerocalcare

Di Ilaria Telesca


Eccolo, l'ennesimo radical chic che guadagna sulle difficoltà dei più deboli; l'ennesimo privilegiato che si fa portavoce dei problemi sociali; l'ennesimo borghese che lucra su situazioni di povertà e disagio.

Zerocalcare in sei episodi riesce a mettere insieme un agglomerato di banalità e di stereotipi, il tutto dentro le quattro mura di una questura.

C'è questo mito per cui nelle sue opere ci si possa tranquillamente specchiare, si possa rivedere la quotidianità in tutte le sue sfaccettature.

Non è così.

Credo che ciò che sappia meglio fare è raccontare un mondo fortunatamente marginale, fatto di devianze e debolezze, idealizzandolo e rendendolo quasi-mistico.

Un mondo a cui, invece, bisogna guardare con razionalità e per cui è necessario trovare soluzioni efficaci.

Certe circostanze, economiche e sociali, seppur rappresentino una realtà, non andrebbero incorniciate e mitizzate, bensì sarebbero da valutare caso per caso e, soprattutto, da approfondire per trovare delle risoluzioni finalizzate a migliorarle.

Il mondo moderno esalta dei contesti difficili che, però, non sono affatto un esempio per le giovani generazioni, e lo fa attraverso la musica, le serie tv e i social media.

È vero, non viviamo tutti le stesse situazioni, ma è pur vero che dovremmo tendere ad abbattere gli ostacoli sociali e permettere all’intera comunità di vivere in maniera sana e forte.

Ma perché mai tutto ciò dovrebbe interessare ad un personaggio che guadagna proprio su queste condizioni umane, disegnandole con i suoi costosi mezzi da fumettista e pubblicandole sulla piattaforma più capitalista in circolazione, seconda forse solo ad Amazon.

La prima serie virale di Zerocalcare, “Strappare lungo i bordi”, ci ha lasciato un senso di rabbia nei confronti di chi, come lui, pensa che la vita possa essere vissuta schivandola, evitando di risolvere i problemi e di affrontare le complessità.

No, caro Zero, la vita va combattuta fino all’ultima scintilla.

Va aggredita, va fronteggiata, va assalita.

Va goduta nei momenti luminosi e nei momenti oscuri.

Va gustata con passione e contro ogni indifferenza.

Ma passiamo alla sua seconda serie.

“Questo mondo non mi renderà cattivo” è una frase perfetta che, però, rappresenta il contrario di quello che ci racconta.

Le sue convenzioni sono noiose e la banalità con cui tratta dei temi importanti risulta quasi fastidiosa.

L’immigrazione viene affrontata come scontro ideologico tra “fascisti e antifascisti”.

La classe dirigente viene descritta attraverso il preconcetto della politica inconsistente e inefficace.

Il lavoro viene considerato motivo di perdita dei valori.

La tossicodipendenza viene narrata in maniera subdola, come se a seguito del proprio recupero non ci si possa rivedere in principi diversi da quelli che, in passato, avevano portato all’abuso di droghe.

Non ne ha azzeccata una.

Per fortuna non tutti la pensano come lui, per fortuna c’è ancora chi crede nell’importanza del lavoro, chi cerca di sconfiggere le devianze proponendo idee virtuose, chi approccia all’accoglienza in maniera razionale, chi combatte ogni giorno per costruire una classe politica degna di poter guidare e rappresentare la nostra comunità.

Un borghese trova sempre una scusa, un combattente trova sempre una strada.

Zero scuse, non Zerocalcare.

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