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A lezione di tiro

di Simone La Marca Negli scorsi giorni, un’indiscrezione de La Stampa, subito smentita, ha svelato una fantomatica intenzione del sottosegretario Fazzolari di proporre l’introduzione lezioni di tiro a segno e sessioni di poligono nelle scuole. L’immaginaria proposta ha subito incontrato l’indignazione dell’opposizione, del movimento pacifista e di diversi mondi che vedono in questa possibilità un attacco al ripudio della guerra, presente nella nostra Costituzione, e una minaccia per l’integrità morale della Nazione. Si giudica uno scandalo insegnare ad un ragazzo a sparare in quanto la retorica dilagante, giusta ma utopica, vuole che l’unica arma di un giovane debba essere la cultura. “Inseriamo questo”, “introduciamo quest’altro piuttosto”, benaltrismo dico io. Tralasciando il fatto che queste polemiche nascono da una probabile fake news, mi piacerebbe parlare del tema da un punto di vista pragmatico. Viviamo in un mondo galleggiante in un’apparente pace da circa 80 anni, qualcuno di noi vede la guerra come un affare del passato, un lontano fantasma da non affrontare mai più. Le vicende dell’Ucraina ci hanno ricordato che la storia e il destino ridono sopra 80 anni, non sono altro che un pulviscolo negli ingranaggi del tempo. Da un giorno all’altro un paese può essere attaccato, ieri è toccato all’Ucraina, all’Iraq, un domani, speriamo mai, potrebbe toccare a noi. Ho 23 anni, non ho mai impugnato un’arma in vita mia, non mi sogno di farlo, se un domani dovessi essere arruolato forzatamente per un’emergenza nazionale non avrei idea di come difendere il mio paese, sarei una pedina mandata al macello. Perché non avere un minimo di preparazione? Una base su come caricare ed impugnare un fucile senza farsi male, regole semplici, nessuno vuole un paese di Rambo con 15enni in grado di ricaricare una Minigun. Il nostro paese ha normative molto stringenti sul possesso di armi, introdurre un po’ di pratica nelle scuole, senza toccare le leggi inerenti al porto d’armi, non cambierebbe nulla nel bilancio della diffusione delle armi. Avremmo un Italia con una popolazione più preparata nelle pratiche di difesa di base, senza la spesa di introdurre alcun servizio militare. Abilità da tenere nel cassetto, utili all’occorrenza. I paesi ex-sovietici già lo fanno, poligoni sicuri con armi a piombini, non da fuoco, e lezioni occasionali con quelle vere. Un 17enne polacco un domani è pronto ad ogni drastica evenienza, noi saremmo allo sbando. Sottolineo un punto per chiudere, le lezioni di tiro NON sono la priorità per l’istruzione del nostro paese. Servono strutture, più ore, docenti, programmi aggiornati ecc ecc Ma la fantomatica ipotesi attribuita a Fazzolari merita più considerazione, non muri di pacifismo cieco.



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