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A Parthenope, nel segno del Sol Invictus

di Giuseppe Ferrante


Viene fatta risalire al 21 dicembre la fondazione di Napoli.

Data simbolica, la stessa del solstizio d'inverno: gli antichi, infatti - e la fondazione di Roma lo insegna - tendevano a porre la prima pietra di una città in concomitanza con questi importanti fenomeni astrali.

Senza ombra di dubbio, i cumani conoscevano molto bene i movimenti degli astri e, alla luce dei ritrovamenti archeologici, avrebbero potuto far coincidere la fondazione della città con il giorno del Sole Invitto.


La storiografia vuole che la nascita di Parthenope, il nome dell'insediamento cumano fra l'isolotto di Magaride ed il Monte Echia, l'attuale collina di Pizzofalcone, risalga al 475 a.C. sotto l'egida di Cuma.

Cuma era una grande e potente città che controllava l'intero Golfo di Napoli e gran parte del basso Lazio, ma il suo potere era instabile perchè minacciato dagli altri popoli che si stavano espandendo su tutta la penisola. Proprio in occasione del violento conflitto con gli Etruschi per il controllo della Campania, i Cumani decisero di trasformare la colonia di Partenope in una vera e propria città dotandola anche di una cinta muraria. Nacque così Neapolis, la “Nuova Città”, per distinguerla dal nucleo originario chiamato Palepolis, “Vecchia Città”, sorta dove oggi si trova il Centro storico di Napoli.


Ma, come sempre succede nella storia di ciò che è veramente grande, anche la narrazione della fondazione della Capitale del Sud è intrecciata nel mito e nella leggenda. Tanti, infatti, i racconti che la tradizione partenopea, orale e non, ha voluto consegnarci.


Secondo la prima versione del mito, Partenope era una sirena che viveva tra le rocce in mezzo al mare. Un giorno, la nave di Ulisse arrivò proprio nel luogo abitato dalle sirene. Partenope cercò di sedurre l'eroe col suo bellissimo canto, ma non riuscì nel suo intento e, non accettando il rifiuto si gettò dalla roccia più alta. Le onde portarono il suo corpo fino al golfo di Napoli, precisamente sull'isolotto di Megaride. Qui, il corpo di Partenope si dissolse, prendendo la forma della città di Napoli: la sua testa è la collina di Capodimonte e la sua coda si posa lungo la collina di Posillipo.


Per la scrittrice napoletana Matilde Serao, invece, Partenope, era una ragazza greca innamorata dell'eroe ateniese Cimone. Purtroppo, il padre di Partenope l'aveva promessa in sposa ad un altro uomo. Per questo motivo, i due innamorati scapparono dalla Grecia ed approdarono proprio nel golfo di Napoli. In questo modo, Partenope e Cimone poterono vivere il loro amore senza problemi. In seguito, i due ragazzi vennero raggiunti dalle loro famiglie, dando inizio al popolamento della Città.


Nel 1800, si diffuse ancora un'altra variante del mito, raccontandosi che Partenope fosse una sirena che abitava le coste del golfo di Napoli. Un giorno, le si avvicinò un centauro dal nome Vesuvio del quale si innamorò immediatamente. I due giovani erano molto felici di condividere il loro amore, fino a quando Zeus, il a sua volta innamorato di Partenope, decise di separare per sempre i due amati. Dunque, il potente dio trasformò Vesuvio in un vulcano ai confini del golfo, in modo che la sirena lo potesse sempre vedere senza poterlo toccare. Ma Partenope non poteva sopportare l'idea di non avere più il suo amato con sé: perciò, presa da un impeto di passione, si uccise. Le onde trascinarono il suo corpo sulla costa dell'isolotto di Megaride e assunse la forma di una città incantevole.


Anche oggi, come ogni anno, il sole è passato per la Porta degli Dei ed è iniziato, astronomicamente parlando, l'inverno. Solstitium è il nome che i Romani diedero a questo magico momento di passaggio in cui l'astro solare sembra fermarsi e invertire il suo cammino. La luce ha vinto di nuovo. Anche oggi, nel giorno del compleanno di Napoli.


E allora, valga quale augurio alla peggiore Città al mondo più bella di sempre, l'insegnamento sacro che ci consegna proprio il solstizio d'inverno: il buio non può vincere. Non si possono cercare ancora illusioni né scorciatoie. Nessuno verrà a salvarci, dovremo farlo noi. È difficile, ma è questa l'unica speranza che abbiamo.


Ai figli di Parthenope, nati sotto il segno del Sole Invitto.


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