di Nicola Antonio Raduazzo
124 anni fa veniva a mancare Friedrich Nietzsche, uno dei più grandi filosofi, un visionario e – certamente – il superuomo per eccellenza.
Tramite i suoi scritti e la propria vita, Nietzsche, è da sempre centrale nei dibattiti filosofici e politici che riguardano i primi decenni dello scorso secolo.
Friedrich Nietzsche è colui che finalmente si è fatto avanti per denunciare apertamente l’inutilità di coloro che definisce come “l’ultimo uomo”; ovvero quelle persone schiave della felicità stereotipata, della mediocrità, dell’uguaglianza e della falsa democrazia.
Nietzsche scuote gli animi, risveglia le menti; come il suo Zarathustra ci mette in guardia: “Osserva il gregge che pascola davanti a te; non sa cosa sia ieri, che cosa sia oggi. Salta intorno, mangia, digerisce, salta nuovamente” – per poi continuare così – “E così dal mattino alla sera e giorno dopo giorno, legato brevemente con il suo piacere ed il suo dispiacere, attaccato cioè al piolo dell’attimo e perciò né triste né annoiato”. (Considerazioni inattuali, 1874).
Ed egli attraverso la lotta tra uomini e la volontà di potenza rompe gli schemi affinché l’uomo possa superare quelle barriere e congetture che lo tengono schiavo.
Il suo superuomo non va inteso come un individuo eroico che sfida le convenzioni, ma come nazione – che è popolo e aristocrazia – poiché “nella nazione c’è tradizione e vi è la promessa di un avvenire in espansione”. Il superuomo è uomo nuovo, un nuovo tipo di cittadino, portatore di un nuovo stile di vita.
L’oltre-uomo è colui che non si lascia trascinare dalla massa, colui che decide autonomamente. La filosofia di Nietzsche è attuale, il suo messaggio è chiaro e mai come ora necessario; esso ci mette in guardia dall’omologarci. Come un “memento mori” ci ricorda la strada da seguire e l’importanza del distinguersi sempre.
“E coloro che sono stati visti danzare erano ritenuti pazzi da coloro che non potevano ascoltare la musica”.
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