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Accordo Israele - Hamas: chi ha vinto?

di Lorenzo Carlino


Pace (forse) in Medio Oriente. Israele ha distrutto “l’asse del terrore”, ma la causa palestinese ha conquistato il cuore dell’Occidente.


Dopo anni di razzi, attentati e diplomazia a orologeria, la parola pace torna a comparire nei titoli. Israele e Hamas hanno accettato — in modo condizionato e parziale — il piano di pace in 20 punti proposto da Donald Trump.


Una tregua fragile, che potrebbe fermare la guerra… o solo metterla in pausa. Ma la domanda che molti si pongono è un’altra: chi ha vinto questa guerra?


Israele vince sul campo


Militarmente, non c’è partita. Le IDF hanno decapitato l’“asse del terrore”: Hezbollah e Hamas sono stati colpiti al cuore, molti dei loro leader sono stati eliminati, i tunnel sotterranei distrutti, i depositi d’armi ridotti in polvere. Persino l’Iran — regista occulto di buona parte del caos — ha dovuto abbassare la testa.


Israele ha difeso i propri confini, dimostrando che la sicurezza dello Stato ebraico non è in pericolo. È la vittoria della forza militare, dell’intelligence e della superiorità tecnologica.


Ma a quale prezzo? Le immagini dei bombardamenti, delle città ridotte in macerie e delle vittime civili — molte delle quali bambini — hanno fatto il giro del mondo, provocando indignazione anche tra chi, fino a ieri, sosteneva Israele senza riserve.


Hamas vince sui social


La guerra del XXI secolo, però, non si combatte solo con i missili. Hamas, pur avendo subito una sconfitta devastante sul piano militare, ha ottenuto un successo clamoroso nella battaglia della comunicazione e della propaganda.


Sui social, nelle piazze e nei notiziari internazionali, ciò che molti definivano terrorismo è stato ridefinito come resistenza. Le manifestazioni pro-Palestina hanno invaso le capitali occidentali, trascinando giovani, influencer e intellettuali in un’ondata globale di indignazione.


In molte narrazioni, Israele è apparso come il “cattivo della storia”, mentre Hamas è stato in parte riabilitato come voce di un popolo oppresso. L’antisemitismo è tornato a dilagare sotto nuove bandiere.


Due vittorie parziali, una sconfitta collettiva


Israele ha vinto sul terreno. Hamas ha vinto nell’immaginario collettivo. Ma nessuno ha vinto davvero.


Gaza è distrutta. Israele è più isolato che mai nell’opinione pubblica globale. Le tensioni religiose e identitarie sono esplose ovunque, trascinando nel conflitto anche chi non aveva mai imbracciato un’arma.


Quando la guerra si vince con le parole


Questo con

flitto dimostra, ancora una volta, che le guerre moderne non si giocano solo sui campi di battaglia, ma anche sugli schermi. I missili colpiscono i corpi; le immagini, le parole e i simboli colpiscono le coscienze.


In un mondo dove l’opinione pubblica è sempre più influenzata dai social network, dalle campagne mediatiche e dai contenuti virali, la propaganda è diventata un’arma strategica tanto quanto un drone o un carro armato. Chi controlla la narrazione, può spostare consensi, plasmare percezioni e persino riscrivere la storia.


Ma questa potenza della comunicazione ha un rovescio pericoloso: quando la verità viene sostituita dall’indignazione emotiva o dalla manipolazione ideologica, la comprensione del conflitto diventa superficiale, e la pace sempre più lontana.


Non sappiamo dire-quindi- chi ha vinto ma un’amara certezza ci piomba addosso: il mondo, le persone, i governi sono sicuramente più abituati di ieri a normalizzare e digerire la guerra, la distruzione e la crudeltà.

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