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Alla Vittoria

di Roberta Salerno


«Bollettino di guerra n. 1268

La guerra contro l'Austria-Ungheria che, sotto l'alta guida di S.M. il Re, duce supremo, l'Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi [...] è vinta.

L'Esercito Austro-Ungarico è annientato.

[...]

I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza.»


Così proclamava la Vittoria il generale Armando Diaz il 4 novembre 1918.

Una data che segna la definitiva affermazione dell’Italia come Nazione libera, unita e sovrana.


Una vittoria costruita nel sacrificio e nel silenzio delle trincee, nelle mani callose dei contadini trasformati in soldati, nelle lacrime delle madri, nel coraggio dei ragazzi poco più che ventenni.

Non per gloria personale, ma per amore di Patria.


In quei giorni, l’Italia non era solo un Paese: era un’idea da difendere.

Era una bandiera da alzare.

Era una promessa fatta ai padri e da onorare per i figli.


Il 4 novembre è il giorno in cui l'Italia ha imparato a conoscersi.

Celebrarlo è un dovere. È appartenenza. È identità.


Ricordare quei ragazzi che col coltello tra i denti hanno strappato la Vittoria, è orgoglio.


Perché un popolo che dimentica chi lo ha reso grande è un popolo destinato a perdersi.

Noi, invece, scegliamo di ricordare.

Di custodire.

Di trasmettere.


Perché da quei soldati abbiamo ereditato una missione:

Amare l’Italia. Difenderla. Servirla.


«Ovunque combattono gli eserciti dei popoli liberi, una voce concorde ripeta al nemico: di qui non si passa.»


Al Duca della Vittoria.

A tutti i soldati d’Italia.

Onore eterno.

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