di Ilaria Telesca
“La vita legionaria è bella. Ma non è bella per ricchezze, per divertimenti e lusso. È bella invece per il gran numero di pericoli che essa offre al legionario; bella per il nobile cameratismo che lega tutti i legionari dell'intero paese, in una santa fratellanza di lotta; bella - in misura sublime - per l'inflessabile, virile comportamento di fronte alla sofferenza.
Quando entra nell'organizzazione legionaria, uno deve conoscere fin dall'inizio la vita che lo attende, la strada che dovrà percorrere.
Questa strada passerà per il monte della sofferenza, poi attraverso la selva delle fiere selvagge, e infine attraverso la palude dello scoramento.”
Corneliu Zelea Codreanu nasceva precisamente 124 anni fa.
La sua opera più famosa, “Il Capo di Cuib”, è di un’attualità da brividi.
Codreanu un secolo fa parlava dell’importanza della spiritualità in quella che doveva essere la classe dirigente del Paese (nel suo caso, la Romania).
Un’élite diversa dai suoi predecessori, con il pensiero fisso verso il Popolo e il cuore ardente per la Patria.
C’è una precisa distinzione tra la politica fisica e quella spirituale, tra quella della pratica militanza e quella interiore, ancor più complessa.
Una distinzione che deve rimanere tale affinché possa convergere nel Bene.
Codreanu è stato capace di spiegarci con parole semplici e dirette la complessità della lotta. Ne è stato capace perché, oltre ad aver riflettuto sul senso della vita di ogni militante, di ogni legionario, ne ha dato dimostrazione pratica e, ogni giorno, lo ha trasmesso a chi avrebbe dovuto portare avanti il combattimento dopo di lui.
Frase dopo frase, “Il Capo di Cuib” descrive attentamente i due aspetti della lotta: suggerisce le buone azioni che la classe amministrativa deve mettere in campo per il bene della propria Nazione, i comportamenti da avere nei confronti del popolo, delle sue necessità e dei suoi affanni.
Al contempo, però, rincuora chiunque si sia trovato nella condizione di sofferenza dovuta proprio all’attività politica, a quella vocina nella testa che ogni giorno ci sussurra di lasciar perdere e che il tempo passato a costruire il bene della società è del tutto sprecato.
Codreanu ci incoraggia e lo fa indicando che “la politica è una lotta dalla quale esce vittorioso chi ha lo spirito più temprato, più deciso, più tenace, più disciplinato, più attivo”.
Ci spiega questi passaggi con la metafora delle tre prove legionarie, da affrontare necessariamente per trovare conforto e soddisfazione nella riuscita della propria attività.
Senza sofferenza non si conquista vittoria, non si raggiunge alcun obiettivo e non si ottiene il Bene della comunità.
Sul monte della sofferenza sentiremo sempre quella voce che ci dirà: “non sarebbe meglio tornare indietro?”. Lì noi non piegheremo la testa, scaleremo il monte con l’aiuto della nostra comunità militante e del nostro spirito.
Scalata la montagna, percorreremo la selva delle fiere selvagge, con la fronte alta e il petto in fuori, con il coraggio che serve a chi porta con sé la cultura e la Tradizione, senza essere distratti dalle belve che tenteranno di sbranarci, senza scorciatoie e vie dell’infamia, perché “piuttosto che vincere per mezzo di un’infamia, meglio cadere lottando sulla strada dell’onore”.
Attraverseremo, infine, la palude dello scoramento, senza paura riusciremo a non annegare e a non tornare indietro sui nostri passi, perché “i veri legionari non si perdono d'animo, superano anche quest'ultima prova e giungono a riva, coperti di gloria”.
Queste tre prove sono la dimostrazione che senza spiritualità la politica è vuota.
Senza il forte sentimento non si può arrivare alla meta; senza quel qualcosa di superiore, che va oltre la fisicità dell’uomo, non si possono superare gli ostacoli che quella stessa vita fisica, fatta di individui in carne e ossa, impone.
Serve una determinata militanza per dare al popolo e alla Nazione una buona guida, ma è necessario lo spirito, temprato e forte, per combattere le tentazioni terrene e i dispiaceri delle delusioni.
La comunità militante gioca un ruolo fondamentale, di aiuto e di rimprovero, una comunità che sappia richiamarci all’ordine quando sbagliamo e che sappia rialzarci quando cadiamo.
Perché un vero legionario deve essere in grado di sconfiggere i propri mostri interiori, ma deve anche essere consapevole che autonomamente non potrà arrivare lontano.
Siamo i militanti che non si arrendono davanti le difficoltà.
Siamo la classe politica che antepone le necessità della collettività ai propri interessi.
Siamo quell’élite che non si piega ai dettami del mondo moderno e che non si stanca di combattere affinché il Bene trionfi sempre sul Male.
124 anni fa nasceva un uomo la cui parola, ancor oggi, è indispensabile.
A noi il compito di apprendere, contestualizzandoli e mettendoli in pratica, i suoi insegnamenti.
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