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Appalti e futuro

di Piergiorgio Laguardia


In Italia c’è un settore in particolare che rappresenta le grandi contraddizioni insite nella nostra nazione: quello degli appalti pubblici e delle opere pubbliche.

Da un lato un motore di sviluppo che vale il 13% del Pil ma dall’altro una miniera d’oro per la criminalità organizzata e/o clientele varie.

È un settore che, a differenza di altri, non ha subito particolari cambiamenti dal processo di globalizzazione e della finanziarizzazione dell’economia per le organizzazioni criminali: rimane uno degli asset che servono per alimentare i traffici illeciti e riciclare denaro sporco.

L’Ue negli scorsi mesi ha partorito una direttiva europea sui subappalti ‘pericolosa’, come ha avuto modo di definirla il coraggioso procuratore capo di Napoli Nicola Gratteri.

Una direttiva che dispone a chiare lettere che bisogna liberalizzare in Toto i subappalti per impiegare i fondi del PNRR, fregandosene delle conseguenze sui controlli, sul lavoro nero e sulla concorrenza, altrimenti ginocchia sui ceci.


L’Italia, purtroppo va detto, ha recepito in modo acritico la direttiva europea ,senza opporre resistenza, perché era in corso già una trattativa con Bruxelles per il PNRR.

Ma siamo sicuri che il gioco sia valso la candela?

Una domanda che purtroppo il ministro Salvini e Bruxelles hanno sempre evaso è come riuscire a garantire i controlli in un marea di subappalti e con un ispettorato del lavoro sotto organico ( anche qui, si sarebbe potuto impegnare con la ministra Calderone almeno per un potenziamento dell’organico dell’ispettorato del lavoro).

E non si tratta di essere eccessivamente statalisti: un Codice Degli Appalti con meccanismi oliati e un sistema di controlli efficiente è interesse sia di un liberale e/o conservatore, che difende di base l’istituto della concorrenza ( art 101 Tfue recepito nell’ordinamento Italiano) e vuole ridurre l’ipertrofia normativa, sia di un socialista sia della destra sociale contrasta il lavoro nero e l’illegalità strisciante.

Perché non c’è sviluppo senza legalità e con il lavoro nero i salari reali diminuiscono ulteriormente.

Passando invece alla parte dell’aumento a d €500.000 degli affidamenti diretti anche questa non è in contrasto con il dichiarato obiettivo della direttiva europea di spendere i soldi velocemente.

Ma pone un problema alla base: una riduzione della concorrenza ma anche di garanzie tecniche che assicurino che l’opera pubblica sia eseguita senza intoppi e senza cedimenti strutturali, quest’ultimo punto fondamentale per la pubblica incolumità.

E poi non garantisce nemmeno che l’opera sia svolta velocemente: comunque nel nuovo Codice comunque si trovano elementi che non assicureranno la realizzazione dell’opera in tempi certi.

Nella mia città vicino ad una stazione comunale da più di 2 anni e mezzo si è verificata una frana e l’opera di risanamento ancora non è stata avviata. Ci vuole altro perciò per riaprire il tratto a pendolari e automobilisti in tempi congrui.

Perché è anche vero che l’Italia è il paese delle opere pubbliche incompiute: la Salerno Reggio Calabria, le strade della Sicilia meridionale, le ferrovie chiuse o depotenziate in varie zone d’Italia ecc..

Occorre quindi ragionare pragmaticamente: sono concetti che vanno di pari passo quelli del rispetto della legalità, della velocità e dell’efficienza.


Si prenda come esempio la ricostruzione in tempi record della procura di Catanzaro proprio negli ultimi mesi di Nicola Gratteri.

ma sugli affidamenti diretti c’è una legge regionale che è stata licenziata al consiglio regionale calabrese che prevede delle premialità e degli incentivi nell’aggiudicazione dei contratti pubblici e degli appalti pubblici per le imprese vittima di criminalità organizzata, racket o usura.

Questa legge regionale potrebbe essere replicata in altre regioni come Best Practice anche per controbilanciare la legge nazionale sugli affidamenti diretti .

Infine occorre invitare il nostro partito a spingere molto di più per l’assunzione di organico all’ispettorato del lavoro, per ripristinare la controversia sul conflitto di interessi e soprattutto ad abrogare quella vergognosa norma della riforma Cartabia che prevede che le aziende sotto interdittiva antimafia con un autodichiarazione possono partecipare alle gare d’appalto.




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