Apologia dell'odio
Il bisogno di ostilità tra coscienza politica e crisi ideologica.
di Cesare Taddei
Per ogni militante, esiste un momento preciso dove tutto è cominciato, la miccia che ha fatto esplodere la passione.
Un incontro, una canzone o un libro.
Ricordo il mio, al liceo, durante una lezione su “La Costituzione degli Spartani” di Senofonte. Ascoltavo assorto la mia prof. recitarne alcuni passi in greco antico, di quell’ateniese entusiasta, in cui descriveva una società forgiata completamente sulla forza, sulla guerra come massima espressione di sé e dei suoi cittadini.
Fin dalla nascita, ogni spartano era educato affinché raggiungesse la propria perfezione fisica, spirituale, a uno stoicismo assoluto. L’ἀγωγή, la più grande palestra di vita della civiltà umana.
Per tutta la sua storia Sparta ha perseguito e ricercato lo scontro, il combattimento come sublimazione del suo spirito guerriero.
Non conquiste e potere, ma esempio per la comunità. L’eterna rivalità con la sua nemesi, Atene, ingrassava i cuori coraggiosi dei giovani spartani di un odio puro, che dava però loro un senso alla vita. Una missione. Lo stesso sentimento mutatis mutandis si riproporrà ripetutamente nella storia.
Kurt Eggers, poeta e soldato, scriveva nel 1940: «La comunità degli uomini forti che sono in grado di dare un volto alla nazione, deve cercare e trovare un grande nemico per ascendere - lottandovi - all’immortalità. L’uomo forte ha bisogno di ostilità».
Una filosofia che si reggeva sull’antico motto cherusco: « Heute rot, morgen tot (oggi rosso, vivo, domani morto) ». Perché perdere la vita è qualcosa di accidentale e fugace, mentre morire in battaglia ha un eco nell’eternità. Un’ineluttabilità romantica. Eppure, assuefatti dalla religione della pace, quell’artifizio per corrompere le anime e ammansire i popoli, siamo disperatamente alla ricerca di un bulimico bisogno di sicurezza, benessere economico, una vita confortevole e dimentichiamo che la realtà è costellata di sopraffazioni, prepotenze e scomodità.
Pathei mathos, insegnava Eschilo, la sofferenza come strumento di crescita umana e creativa. Quale società possiamo costruire se fuggiamo i conflitti anziché affrontarli? Se temiamo le conseguenze perché spaventati e non sappiamo come misurarci con noi stessi e il mondo, stiamo insegnando alle generazioni future ad avere paura di tutto, della morte, delle malattie, dell’altro. Una fobia della vita angosciante.
Se consideriamo la guerra come disumana e non parte di un ciclo storico e della natura, la quale è selettiva e potente, non avremo strumenti per sopravvivere. Lo spirito guerriero è insito primordialmente nell’uomo e così facendo lo si svilisce. Citando Eraclito ”Pòlemos è il padre di tutte le cose”.
Lo scontro non è solo fisicità e violenza ma pensiero creativo e necessità di crescita. È vita.
In ogni momento infatti è in atto uno scontro, una lotta: le onde che si infrangono sugli scogli, la farfalla che si libera dal bozzolo, il seme che germoglia, la luna che si contende il posto col sole.
C’è bisogno di un avversario per evitare l’oblio di una vita insulsa a rincorrere il denaro e la posizione sociale, perché altrimenti cosa può bruciare il cuore al punto da sacrificarsi? Il celebre personaggio, Rachkowskij, del romanzo “Il cimitero di Praga” di Umberto Eco recita: “Occorre un nemico per dare al popolo una speranza, coltivare l’odio come passione civile.”
Sto cominciando tuttavia a smarrire la fede nell’immagine in cui la Destra rappresentava la sintesi dei valori di forza e coraggio, di aristocrazia guerriera e spiritualità, soprattutto quando ha iniziato a prendere le distanze dalla sua storia anzi a esserne imbarazzata fino a mettere in discussione la sua stessa identità pur di legittimarsi come forza democratica.
Di cosa saremmo oggi conservatori? In quale modello sociale dovremmo riconoscerci e dov’è la Tradizione se strizziamo l’occhio ai liberali, ai moderati cattolici? Tutto, per compiacere le grandi banche d’affari, le lobbies e fare incetta di voti?
Siamo talmente preoccupati di apparire ragionevoli e rassicuranti al punto da diventare accondiscendenti, pavidi.
Ma io, voglio essere cattivo, intransigente, estremo e audacemente sfacciato.
Voglio la piena rinascita della volontà politica, superare i limiti della prospettiva nazionale per costruire un blocco europeo, uscire dalla NATO, imporre un’ideologia ambientalista, pensare nuovi modelli sociali, ridiscutere alleanze e prendere coraggiose posizioni geostrategiche. Insomma voglio fare incazzare tutti. «La Destra è la coscienza d’Europa » diceva A. Romualdi « contro il potere sovvertitore delle democrazie liberali e del progressismo».
Abbiamo una grandissima sensibilità politica e artistica perché siamo etica, pertanto riflessione e analisi. La sinistra al contrario ha la presunzione di avere la verità e la ragione assolute, essendo morale. Se non ci sono più nemici, se nulla può accendere uno spirito legionario, troviamoli e diamo loro battaglia.
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