di Ilaria Telesca
Era una tranquilla domenica quella del 30 gennaio 1972 a Derry, in Irlanda del Nord.
La manifestazione era stata organizzata nel dettaglio: pacifica, determinata e necessaria.
Eppure, in un attimo, si trasformò in una vera e propria strage.
14 morti, 12 feriti. È questo il numero di persone che i paramilitari inglesi hanno colpito aprendo il fuoco su una folla di civili disarmati, colpevoli solo di sostenere che la pratica dell’internamento fosse un’ingiustizia.
Di ingiustizie, in realtà, ce n’erano fin troppe nella parte settentrionale dell’isola irlandese.
Una società costretta a subire per troppi anni (e ancor oggi) la sottomissione ad una potenza come quella britannica, un popolo il cui sangue ribelle scorre feroce e fiero nelle proprie vene e la cui pretesa è una sola, semplice ed essenziale: l’autodeterminazione.
“Ad ogni popolo la sua Patria”, no?
Ecco, chi nella lotta tra Inglesi e Nordirlandesi non si schiera a favore di questi ultimi dimostra di non schierarsi dalla parte dell’indipendenza, della sovranità e della libertà.
Parliamo di Roma ripetendo costantemente quanto sia importante il concetto di Patria, o di Jan Palach quando celebriamo il valore della libertà, o ancora dei ragazzi di Budapest quando osanniamo il diritto alla sovranità di un popolo.
Allora non possiamo far altro che empatizzare con i nordirlandesi e condividere con loro lo stesso senso di ribellione verso l’oppressore straniero. Non basta postare sui social una foto di Bobby Sands o dei murales di Belfast, bisogna capire e sentire il vero significato di “Europa dei Popoli”.
L’Irlanda è Europa e San Patrizio ha contribuito a renderla tale.
L’opera di evangelizzazione che gli fu affidata è racchiusa in quel trifoglio, simbolo di uno spirito tripartito ed europeo. Un’identità che non si cancella, un cristianesimo che resiste.
Durante la fatidica “Bloody Sunday” persero la vita i nostri fratelli europei.
Cinquantuno anni fa l’esercito britannico, sotto la guida e la supervisione della Thatcher, ha violentemente tarpato le ali a chi voleva dare realtà e concretezza alla Tradizione e, quindi, a chi aveva ben compreso che perseguire una politica unionista come quella portata avanti dai protestanti non avrebbe contribuito a raggiungere tale scopo.
Il 27 gennaio, a Derry, è stato inaugurato un nuovo murale dell’artista locale Ray Bonner, raffigurante la foto di Mike Jackson affiancata dalla scritta “WAR CRIMINAL”.
Jackson era il vicecomandante del Primo Battaglione del reggimento paracadutisti quella domenica di gennaio, mandante ed esecutore del massacro che, però, solo il popolo irlandese ha messo a processo.
Tutt’altro, invece, da parte del governo britannico, che lo ha promosso a gradi superiori e anni dopo, insieme alle forze occidentali, gli ha concesso di guidare la NATO nel primo anno di vita della KFOR nella missione di “mantenimento della pace” in Kosovo.
Ma lì dove il Potere decide di non intervenire, è il popolo a fare da giustiziere.
Il minimo che si può ottenere per fare giustizia è la condanna di chi quel giorno si macchiò le mani col sangue di 14 nordirlandesi, molti dei quali erano giovani ragazzi di 17, 19 e 20 anni, animati da uno spirito rivoluzionario che per sempre vivrà sicuramente nei murales e nelle commemorazioni, ma soprattutto in chi ogni giorno non si arrende allo status quo e lotta cercando, nel proprio piccolo, di conquistare l’indipendenza dovuta.
Quella del 30 gennaio ‘72 doveva essere una manifestazione per i diritti civili, quei “civil rights” che piacciono tanto alla società moderna ma solo se fanno comodo, se rivestono il ruolo di protagonisti nella demonizzazione del proprio avversario.
Se i diritti civili vengono meno in un contesto come quello dell’Irlanda del Nord, allora perdono la loro importanza e tutto diventa lecito; privare di ogni libertà diventa lecito; intimidire e spezzare un movimento diventa lecito; massacrare civili indifesi diventa lecito.
Il paradosso occidentale è tutto qui: riempirsi la bocca di belle parole ma agire in contrasto alla morale e alle libertà altrui.
Difendere l’autodeterminazione dei popoli è nostro dovere e sostenere i fratelli europei è nostro compito. L’Irlanda del Nord deve avere la sua indipendenza e il popolo nordirlandese deve godere della sua libertà.
Mai più Bloody Sunday.
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