Il 30 gennaio del 1972 i parà inglesi aprirono il fuoco su una marcia pacifica che manifestava per le strade di Derry, città dell’Irlanda del Nord, per rivendicare i diritti civili e le basilari garanzie procedurali alle centinaia di nordirlandesi rinchiusi nelle carceri di Sua Maestà. Il massacro di una folla disarmata che reclamava uguaglianza, dignità sul lavoro, diritto alla casa e l’abolizione del voto per censo. La strage in cui furono uccisi 14 civili inermi, tra cui molti ragazzi di diciassette e vent’anni, passata alla storia con il nome di Bloody Sunday.
Prima di quella maledetta domenica, chi avrebbe mai pensato che un esercito d’Occidente sapesse macchiarsi di un crimine così disumano e, soprattutto, ingiustificato?
Erano le quattro del pomeriggio quando i manifestanti raggiunsero il Bogside, il ghetto cattolico della Città nordirlandese, e ad aspettarli c’era un reggimento speciale di paracadutisti inglesi che cominciò a sparare senza preavviso sulla folla a colpi di mitragliatrice. Nessuna esplosione, nessuna bottiglia molotov a giustificare il fuoco. Molti di coloro che furono colpiti stavano semplicemente fuggendo alla carica, o cercando di aiutare altri feriti. Eppure, il Regno Unito riuscì a far credere che il fuoco dei paracadutisti fosse di risposta a quello dell’IRA, l’esercito indipendentista irlandese…
Per capire fino in fondo l’origine del Bloody Sunday bisogna fare un piccolo excursus storico.
Fin dalla sua nascita nel 1921, l’Irlanda del Nord, territorio appartenente alla Corona inglese, aveva imposto alla minoranza cattolica, culturalmente legata all’Irlanda indipendente, vessazioni di ogni genere che, nel 1967 si intensificarono a Belfast dove centinaia di edifici di famiglie cattoliche venivano incendiate, con migliaia di sfollati. Nell’estate del 1969, il Governo inglese pensa di intervenire militarmente e a Derry si alzarono barricate per proteggere il ghetto di Bogside e, sul muro di un’abitazione, comparve una scritta diventata simbolo dello spirito indipendentista nordirlandese: “You are now entering Free Derry”.
In questo contesto, si arrivava alla Domenica di sangue, uno degli episodi più controversi del conflitto anglo-irlandese.
Così controverso che, per arrivare finalmente ad una verità giudiziaria, fu necessario il lungo processo di pacificazione degli anni '90.
Dopo anni di prove inequivocabili raccolte, perizie balistiche e testimonianze, per la prima volta nel 2010 un tribunale britannico riconobbe che i militari inviati nell’Irlanda del nord da Londra aprirono il fuoco per primi, senza alcuna forma di avvertimento, contro cittadini inermi.
Tutto questo accadeva nel cuore dell’Europa, dove la madre della democrazia trucidava un popolo orgoglioso e fiero. Ed è forse proprio questo il dramma che sanguina ancora a distanza di 51 anni e che va oltre il dramma nordirlandese: la questione di diritti e principi fondamentali che la Corona inglese pone da sempre a mezzo mondo - ed impone... - a mezzo mondo, rimanendone troppo spesso sprovvista in prima persona.
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