Intervista di Nicholas Pellegrini a Marco Scatarzi
Chi siamo? All’origine dell’Identità Europea è uno dei ultimi testi pubblicati in Francia dall’Institut Illiade e riprodotto in Italia da Passaggio al bosco qualche settimana fa.
In un’epoca liquida, nichilista, che decostruisce e cancella, occorre più che mai riscoprire chi siamo, chi sono i nostri antenati, cosa e chi ci ha forgiato, chi ci ha permesso d’ereditare l’immenso patrimonio Europeo che stiamo vedendo svanire passo dopo passo.
Non possiamo permetterlo, occorre esistere e resistere.
I temi toccati nelle pagine dui questo testo sono molteplici.
Arte, cultura, musica, geografia, lingua, l’importanza dell’Eredità IndoEuropea, fino ad arrivare alla filosofia, l’idea di Nazione e Stato, esaminando ciò che l’Impero Romano e l’idea Imperiale D’Europa ci hanno lasciato.
Scoprire chi siamo dunque per rovesciare il mondo di oggi, con l’attenzione e dedizione massima perché questa riscoperta rimarrà senza domani se non saremo capaci poi di produrre un progetto alternativo alla società odierna.
Il libro traccia una linea di collegamento dall’antica Grecia, al concetto di Agorà, ciò che nonostante ci sembri cosi lontano è estremamente attuale, la riscoperta del Mos Maiorum, letteralmente tradotto come ‘Le usanze dell’antenato’ che era nell’antica Roma la formula con cui si descriveva un modo di essere legato a dei valori fondanti, possiamo citarne un come la Fides ovvero la fedeltà, la lealtà, la fede e la fiducia reciproca tra i cittadini, oppure la Pietas che nulla centra con il concetto di Pietà ma significa devozione verso la famiglia, la patria e il sacro.
Questi sono solo alcuni dei valori oggi più che mai necessari per pensare meglio a se stessi e usarli come dei modelli di condotta.
Abbiamo approfondito il discorso con Marco Scatarzi, editore di Passaggio al bosco che ha gentilmente risposto ad alcune domande.
Marco, Nietzsche scrisse : L’Europa si farà sull’orlo dell’abisso.
Possiamo dunque ritenere di esserci dentro, a questo abisso, che sfocia in un decadimento valoriale e storico.
Quale puó essere una contro risposta, ora più che mai necessaria?
L’Europa, nostro malgrado, si trova sull’orlo dell’abisso. Se dovessimo identificare una data simbolica, senza dubbio, la troveremmo nel 1945: lo spirito di Yalta, dapprima imposto con la forza e successivamente adottato da buona parte delle élite europee, è la quintessenza di questo declino doloroso.
Negli ultimi decenni - in relazione al mutamento globale che ha raggiunto ritmi vorticosi - questo declino si è fatto crisi strutturale e diffusa, tanto da abbracciare ogni scibile dell’esistente.
Oggi, senza timore di smentita, noi constatiamo il declino politico degli Stati che si trasformano in governance e che delegano la propria decisionalità ai comitati tecnico-scientifici, agli speculatori tecno-finanziari, alla farsesca recita di una democrazia che ha smarrito ogni rimando alle necessità dei popoli; il declino economico, fotografato dalla dismissione degli investimenti, dalle delocalizzazioni di massa, dalla fuga dei cervelli, da un’economia delle emergenze che è costretta a pompare l’ipertrofia illusoria di un capitalismo della sorveglianza che non genera alcun benessere e moltiplica lo sfruttamento; il declino spirituale, dettato dalla perdita del sacro e dalla subalternità psicologica indotta, la cui massima espressione è quel latente senso di colpa che il pensiero woke ha innescato con successo, producendo la furia iconoclasta della cancel culture e la ridicola autocensura delle nostre genti; il declino antropologico, immortalato dal calo demografico, dalla sostituzione etnica, dalla subalternità culturale nei confronti del nulla d’oltreoceano, dalle mille dipendenze quotidiane, dallo smembramento di ogni legame e di ogni tensione al bello, dalla incapacità di generare un immaginario eroico e solare al passo coi tempi. Tuttavia, come ci ha suggerito Dominique Venner prima di mettere in atto il suo rito sacrificale, occorre insorgere contro il fatalismo: questo letargo, profondo e prolungato, non è un fatto perpetuo o un destino immutabile. Noi, come identitari e come europei, abbiamo il dovere di produrre un risveglio delle coscienze che possa generare un nuovo rinascimento. Perchè questa crisi, come tutte le crisi, è anzitutto interiore: spetta a noi combatterla, partendo da noi stessi. In tal senso, il primo stimolo è quello del coraggio: la leva che è capace di sollevare il mondo, innescando un contagio virtuoso. Aveva ragione Hölderling: “Laddove c’è pericolo, cresce anche ciò che salva”. Dunque, si pensi e si agisca di conseguenza.
In vari capitoli viene evidenziata l'importanza della Cristianità come valore fondante dell'Europa, sopratutto medievale. Sei d'accordo?
Partiamo da una riflessione generale, per poi arrivare alla risposta. “Chi siamo?” è un libro straordinario, per più motivi. Il primo è piuttosto lampante: se non hai la consapevolezza di chi sei e di quale sia il tuo percorso, tu non esisti e sei destinato a scomparire. Questa consapevolezza, evidentemente, non è da intendersi nella sua dimensione nozionistico-accumulativa, spesso funzionale a quella modernità sradicante che ha livellato le specificità manifeste: non occorre essere dei dotti, anche se la cultura può aiutare, ma vivere in linea con il proprio retaggio, operando una scelta di Civiltà. Un contadino che plasma la terra in armonia con un’idea del paesaggio che ha ereditato dai propri antenati - in tal senso - ha più consapevolezza di un accademico che conosce il latino, ma opera per emancipare la Kultur dalla sua vocazione organica e verticale. L’identità, concetto spesso citato a sproposito, pressuppone delle forme di appartenenza: al proprio ethnos, alla propria storia, al proprio lignaggio, al proprio sesso, alla propria Polis, alla propria Civiltà. Ecco perchè, oggi più mai, il primo nemico è chi cerca di oltrepassare queste forme di radicamento, edificando la tabula rasa del globalismo apolide senza Patrie e senza Tradizioni, senza Dei e senza Comunità, senza anima e senza sostanza, senza origini e senza destino. Questo nemico, che unisce i metodi di una certa “destra” liberale alle follie ideologiche di una certa “sinistra” progressista, vuole imporre una società aperta che si fondi sull’individuo astratto, consumatore perfetto e negazione stessa della persona quale antità spirituale. In un simile contesto, l’opera dell’Institut Iliade - che rappresenta la più avanzata avanguardia pensante del Vecchio Continente - ripercorre le tappe di un patrimonio che deve essere interpretato come un grande mosaico vivente. Si tratta, evidentemente, della nostra eredità di europei: dalla tripartizione degli indoeuropei all’aurora ellenica e dallo splendore di Roma alla cavalleria, passando per le tante manifestazioni del sacro e per il genio dei secoli successivi. In questo mosaico, la Cristianità medievale ha certamente ricoperto un ruolo, del tutto simile a quello che il confucianesimo ha avuto per la Cina: suggerisce una visione, offre una morale, dona una continuità, restituisce l’identificazione di un Noi che permetterà - tra le altre cose - la comune difesa dalle invasioni islamiche. Attenzione, però: dinanzi alla decostruzione odierna, non è produttivo interpretare la nostra storia secondo delle cesure forzate e dei compartimenti stagni. Ogni singolo elemento, in fondo, ha contribuito alla realizzazione di quella straordinaria Civiltà che oggi è sotto attacco: occorre recuperarne il filo rosso, qui ed ora.
Personalmente mi ha colpito molto il capitolo dedicato alla 'Paideia': puoi spiegare ai nostri lettori il significato di questa parola e come si puó tradurre nella vita di tutti i giorni? Sei d'accordo sul fatto che una nostra missione dev'essere quella di mantenere e ripristinare la Paideia?
Questo termine greco, per la verità molto noto, è spesso male interpretato. Paideia - evidentemente - non è soltanto un’educazione scolastica. Paideia è cultura, tradizione, perfezionamento, pensiero, espressione, maturazione: è la foggiatura del carattere, nel senso verticale e profondo del termine. Essa aiutava a completare la natura umana, plasmando la persona per mezzo di un costante superamento di sé, di una perenne tensione verso l’alto, di un’armonia che sapeva farsi totalità. Che cosa resta, oggi, di tutto questo? Abbassata la scuola al rango di un’anticamera del mercato e liquidata la famiglia nell’abisso della retorica anti-autoritaria, l’educazione è semplicemente un addestramento al conformismo sociale: si riempiono dei vasi, anzichè accendere dei fuochi. I nostri antichi, al contrario, attuavano percorsi di disciplina che miravano allo sviluppo dell’unicità del singolo, armonizzandolo nella propria Comunità di appartenenza: una logica olistica, organica e differenziata. Unità di corpo, anima e spirito; complementarietà equilibrata dei contrari; comprensione e superamento dei propri limiti; senso della gerarchia e fedeltà agli antenati, etica dell’onore e lealtà manifesta, propensione al sacrificio e compimento del proprio dovere, generosità e coraggio, frugalità e splendore. Princìpi che oltrepassano lo spazio e il tempo, imprimendosi nell’eterno: eredità che abbiamo il dovere di custodire e trasmettere, partendo dal nostro esempio personale. In che modo? Dandoci una tenuta e comprendendo - in primis - che il militante non è un piccolo amministratore in erba, ma un soldato politico che ha scelto di fare propria una visione del mondo, adottadola come metro di misura di ogni azione. Ecco perchè, da anni, sottolineiamo l’importanza di un percorso di Formazione che non sia soltanto la scuola dei comunicati stampa o delle mozioni istitituzionali, ma un più radicato percorso di vita che permetta al giovane militante di assumere su se stesso, attraverso la condotta e lo Stile, un preciso modo di stare al mondo. Questa, del resto, è la prima e più difficile rivoluzione: saper vivere nell’idea, per poter essere l’idea. Questo, tra gli altri, è il retaggio che ci giunge dai poemi di fondazione, nell’esortazione ancestrale alla realizzazione della triade omerica che fa da sfondo alla Civiltà europea: “La bellezza come solco, l’eccellenza come fine, la bellezza come orizzonte”.
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