di Marco Tronci
Sangue e onore. Sacrificio e fedeltà alla bandiera. Parole prive di significato per molti; per altri, invece, sono delle parole d’ordine.
Sono questi i valori che ogni militare porta con sé ogni giorno, una volta indossata l’uniforme. Valori che lo accompagnano nelle operazioni in Patria, nel presidiare un obiettivo sensibile o semplicemente pattugliando il territorio. Ma soprattutto quando si è impiegati in missioni all’estero, nei numerosi teatri caldi dove l’Italia è stata chiamata ad intervenire, spesso a difesa di popolazioni le cui libertà vengono negate.
Questi valori, conservati e rivendicati nel tempo, hanno consolidato il legame con il nostro passato militare, dall’Unità d’Italia ad oggi. Il sangue dei giovani caduti, l’onore delle loro gesta, il sacrificio per una causa più grande e la fedeltà al nostro tricolore, fino all’ultimo respiro.
E non li hanno di certo dimenticati i nostri soldati quel maledetto 12 novembre 2003, quando nel quadro dell’operazione “Antica Babilonia”, a Nassiriya si è consumata una strage che non cancelleremo mai dai libri di storia ma soprattutto dalle nostre memorie.
È un normalissimo mercoledì di novembre alla “Base Maestrale”, sede dell’MSU (Multinational Specialized Unit). L’unità, appartenente all’Arma dei Carabinieri, svolge compiti di polizia militare e opera sul territorio iracheno da pochi mesi. Le lancette dell’orologio segnano le 10:40, 8:40 in Italia, quando all’improvviso un camion cisterna carico di esplosivo inizia la sua folle corsa verso l’ingresso della base italiana. Nonostante i colpi esplosi dal carabiniere di guardia, che riesce a uccidere i due attentatori alla guida del mezzo, il camion ormai fuori controllo impatta contro la porta carraia coinvolgendo anche il deposito delle munizioni.
Il bilancio è devastante. In 28 perdono la vita, tra questi 17 militari italiani (12 carabinieri, 5 militari) e 2 civili. Più di 50 i feriti tra militari e civili a seguito dell’impatto e gran parte degli edifici presenti all’interno della base vengono danneggiati, compresa l’altra sede del contingente italiano, "Base Libeccio", distante poche centinaia di metri dalla prima.
I caduti appartenevano a vari reparti dell’Arma dei Carabinieri territoriale e dell'Esercito, fra questi il 13° Reggimento di Gorizia, 7° Reggimento Trentino-Alto Adige di Laives, Brigata Folgore, 66° Reggimento fanteria aeromobile “Trieste”, Reggimento Savoia cavalleria, Reggimento Trasimeno. Fra le vittime anche soldati della Brigata Sassari dell’Esercito e del 6° Reggimento trasporti della brigata logistica di proiezione, impiegati nel servizio scorta ad una troupe cinematografica.
In Italia la notizia piomba in mattinata e scuote inevitabilmente il nostro quotidiano: un senso di patriottismo e vicinanza alle vittime ci avvolge. Nella Capitale più di 50 mila persone si ritrovano per dare un ultimo saluto alle salme avvolte dal tricolore, sotto le note del silenzio.
Oggi, come ogni anno, il nostro compito è semplice: onorare i caduti di Nassiriya.
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