di Mattia Vicentini È notizia di poche settimane fa l’arresto del latitante e “boss” mafioso Matteo Messina Denaro, e da lì in poi sono iniziati, quasi fossero dei sequel, delle ricostruzioni a catena giorno per giorno su tutta la sua latitanza.
Con il giornalismo che ci ha messo del suo raccontando ed ha intervistato nei dettagli tutti le persone che ci hanno avuto a che fare, e con i racconti, ampliati un po’ a naso, che ci vengono propinati nei talk show televisivi, questo importante capitolo di lotta alla mafia si è trasformato nella solita commedia all’italiana.
Anche questa volta si è preferito puntare sul ritorno mediatico immediato, con articoli a dir poco ridicoli che dimostrano la bassezza della nostra comunicazione nazionale. Per non parlare poi dei venti complottisti che narrano di arresti decisi a tavolino, di rese volontarie oppure che fantasticano di coinvolgimenti diretti del neoeletto governo nella trattativa con le cosche mafiose.
La verità è che ancora una volta si è persa l’occasione di parlare seriamente di un tema che è realmente problematico per l’Italia e per gli italiani; per migliaia di giovani come noi ai quali viene eretto un ostacolo fra il loro presente ed il futuro nella loro terra. Territori dove lo Stato viene meno e non esercita la legalità; dove la Patria stessa perde il suo significato, passando metaforicamente da essere un padre che protegge i suoi figlioli ad essere un padre che li abbandona in cambio di interessi personali. E quando la famiglia non getta le solide basi si sa, i figli prendono una brutta strada ed iniziano a fidarsi di chi non dovrebbero.
E per analogia è quello che succede fra molti giovani scoraggiati e delusi da uno Stato che pare li abbia abbandonati, ed è qui che la mafia trova terreno fertile. Quello che si va poi a creare attorno al fenomeno è un vero ecosistema che vede l’organizzazione criminale radicarsi in più settori al fine di raggiungere i propri scopri ed i propri obbiettivi.
Oggi purtroppo la cultura della violenza e della criminalità è diventata un modello, soprattutto per i più piccoli e per chi proviene da una situazione meno agiata. Giovani che si sentono grandi dimostrando ai loro coetanei di essere i più “cazzuti” in gergo, in poche parole voler fare i “ragazzi di strada” con un vissuto criminale sulla pelle. Questo modello sociale assunto dai giovani e giovanissimi è promosso anche da musica e social, e negarlo sarebbe semplicemente ipocrita.
Un afflosciamento della cultura del rispetto e delle gerarchie sociali hanno poi fatto il resto. E solo partendo dalla scuola, dalla cultura e dalle associazioni giovanili si può veramente sconfiggere la mafia, non per nulla lo disse anche l’eroe nazionale Paolo Borsellino: “Se la gioventù le negherà il consenso, anche l'onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo”.
Ancora una volta stiamo perdendo il treno, la cultura popolare di massa si sta muovendo verso la direzione sbagliata e solo pochi eroi del quotidiano cercano di affrontare con serietà la situazione. Ma si sa, un paese che ha bisogno di eroi è un paese destinato a morire.
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