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Andrea Canino

Comunismo e altre barzellette

di Andrea Canino


Il 7 dicembre 2023 alle ore 18:00, presso il Teatro alla Scala di Milano, si è tenuta la cosiddetta Prima: una splendida rappresentazione del Don Carlo di Giuseppe Verdi, diretta dal celeberrimo maestro milanese Riccardo Chailly con la regia di Lluìs Pasqual.

Un’occasione che ha riunito istituzioni, figure di spicco ed esponenti di diverse realtà. Una splendida serata all’insegna della buona musica in un periodo estremamente romantico come quello natalizio.


Nel momento in cui però si scrive prima Scala su qualsiasi motore di ricerca, le uniche notizie che compaiono sono legate a un episodio avvenuto in sala: il giornalista Marco Vizzardelli ha ben pensato, al termine dell’inno italiano, di urlare a gran voce viva l’Italia antifascista.

Una frase apparentemente fuori contesto, ma in realtà molto coerente rispetto ai fatti che hanno preceduto tale accadimento.


Il giorno dopo la vittoria del centrodestra alle ultime elezioni politiche, si è scatenato un ruggente animo antifascista che lascia incuriositi e perplessi.

Tralasciando i celeberrimi Murgia e Saviano, sintonizzati sempre e solo su un unico canale e con un unico ritmo proposto, la nostra società si è concentrata fortemente su questo termine che risale agli anni del governo fascista e della Seconda Guerra Mondiale.

Non da ultimo, la rubrica Robinson del quotidiano laRepubblica, sulla sua pagina Instagram, ha pubblicato un curioso video in cui la giornalista Chiara Valerio chiede, con fare poetico, quasi si rivolgesse a un vate dei nostri tempi, a Elly Schlein, Segretaria del Partito Democratico, quale sia il modo migliore per sviluppare un DNA antifascista. La Schlein, dopo aver parlato di un’ipotetica cultura giusta (sottintendendone una sbagliata), suggerisce la lettura di molti libri. Allora la Valerio si rivolge al pubblico felice di aver trovato la risposta giusta alla sua domanda. Gaudium magnum nuntio vobis: per essere antifascisti basta leggere molti libri.


Per chiudere la rassegna, spicca l’intervista di Aldo Cazzullo al noto cantautore Francesco Guccini, in cui quest’ultimo spiega di aver rifiutato l’invito ad Atreju, manifestazione della destra giovanile italiana, in quanto non estimatore dei fascisti, tentando poi un mirabolante paragone tra Giorgia Meloni e Benito Mussolini.

In tutto questo grande clima di rivolta e di sgomento, le parole dell’On. Rampelli sembrano il faro in una cortina di fumo destabilizzante: quello che lascia perplessi non è l’antifascismo, ma è l’antifascismo senza il fascismo.

Stando ai fatti, ai documenti e agli atti ufficiali, è dal 2 giugno 1946 che la nostra Nazione ha adottato la Repubblica come forma istituzionale da dare al Paese.

Dunque, il centrodestra ha vinto le elezioni in un Paese democratico, ha vinto le elezioni per poter formare un governo conforme all’ordinamento istituzionale italiano.

E fino a prova contraria, anche su approvazione del Presidente della Repubblica, tale governo rientra nei parametri sopra citati.

Già solo con queste poche righe, dunque, viene meno il senso di costruzione di una resistenza antifascista.

Ma non è su tale impertinenza che vorrei soffermarmi.


La memoria e lo studio degli eventi passati ci rendono consapevoli di ciò che l’umanità ha commesso nella storia. L’analisi degli eventi che ci hanno preceduto ci permette di comprendere gli errori passati con la speranza di evitarli in futuro, di migliorare la propria lungimiranza imparando dagli errori commessi.

Le barbarie nazi-fasciste sono state in lungo e in largo studiate, documentate e tramandate, facendo sorgere in noi un forte spirito critico verso tali eventi, che conosciamo perfettamente e che non vorremmo si ripetessero. I testimoni di quel periodo storico, come Liliana Segre, hanno portato una voce forte e chiara delle barbarie viste e subite. Questi contributi vivono nella memoria dei giovani e meno giovani italiani.

La nostra stessa costituzione dimostra il fatto che il popolo italiano, dopo la dittatura fascista, ha voluto redigere un documento in cui inserire alcuni baluardi essenziali per garantire in sistema democratico e libero.

Il fascismo e in nazismo sono ideologie che hanno dimostrato di essere violente e perseguitanti verso la popolazione, e che oggi non hanno più spazio di esistere, dato il nostro ordinamento democratico.

Dunque, è scontato e risaputo che la nostra attualità vive di una memoria antifascista, una memoria condivisa e diffusa.

La problematica sorge quando la stessa diffusione dell’antifascismo non può dirsi per l’anticomunismo.

In un Paese dove antifascismo e anticomunismo dovrebbero sorreggere insieme l’ordinamento democratico, si è invece molto liberi e incoraggiati ad essere antifascisti, un po’ meno liberi nell’essere anticomunisti.

Questo sottende in ultima analisi un pericolo molto consistente e concreto: l’oblio.

L’oblio verso fatti, verso eventi, verso stragi passate che forse dovrebbero essere degne di considerazione da parte di tutti.

In Italia, professare l’ideologia comunista è del tutto consentito e liberamente diffuso.

Ma se andiamo ad approfondire le icone che caratterizzano i movimenti comunisti italiani cosa scopriamo?

Osserviamo che la bandiera principalmente utilizzata riporta una falce e un martello su sfondo rosso. Tale bandiera non è stata ideata da Marx o da Engels in qualche tomo anticapitalista, bensì da Lenin e da Stalin. Da figure che hanno instaurato una dittatura, negando libertà e trucidando esseri umani.


Parliamo di carnefici, di artefici di stragi di massa e di abominevoli proibizioni.

Professare il proprio credo politico esibendosi con tale bandiera non è affatto differente dal presentarsi in piazza con una svastica.

In questo senso è chiaro come sia necessaria una documentazione approfondita delle conseguenze che le ideologie comuniste hanno avuto nella storia.

Basterebbe leggere un’opera di Aleksandr Isaevič Solženicyn e le innumerevoli prove riportate dei terribili campi di sterminio sovietici.

Di fronte a tali argomentazioni, le sinistre tendono a dire come questo non sia il comunismo italiano, ma quello appartenente ad altre realtà.

Beh, sicuramente Hitler è nato, vissuto e cresciuto in Germania, ma non credo che il Canada, il Venezuela o il Burkina faso muoiano dalla voglia di vivere un governo nazista dal momento che il lontano nazismo tedesco di Hitler non appartiene alla loro realtà.

Le stragi sono guidate da pensieri malsani e crudeli che valgono universalmente e che c’è il rischio si insidino in ogni realtà.

Anche in questo caso le sinistre farebbero sicuramente appello ai grandi nomi del passato come Togliatti, Saragat e Berlinguer per allontanarsi da derive estremiste.

Questi grandi uomini politici, tuttavia, hanno vissuto un contesto molto dicotomico, polarizzato ed estremamente manicheista in cui poco spazio era concesso alle vie di mezzo. Ma questi uomini hanno portato avanti il concetto di libertà, di lavoro dignitoso, di diritto dei lavoratori e di comunanza di diritti che nulla ha a che vedere con il comunismo di cui tanto si parla e si è parlato.


Per rispondere quindi ad Elly Schlein, la vera cultura, la cultura giusta, è quella che insegna a rispettare l’altro, al confronto con il punto di vista differente. È quella cultura che osanna la libertà di parola e condanna il sopruso e la violenza, siano essi di colore rosso o di colore nero.




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