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Contro il mondo neutro: elogio della presa di posizione

di Enrico Pellegrini


In tempi di paura e conformismo, il vero atto di libertà è prendere parte.


Nulla è più pericoloso dell’indifferenza, perché traveste la paura da equilibrio.

Viviamo in un’epoca che celebra la neutralità come virtù. Ci si rifugia dietro la parola “complessità”, si invoca il dubbio come alibi per non esporsi.


Tutto è opinione, tutto è interpretabile, nulla è definitivo.


Ma la complessità, quando diventa paralisi, non è più intelligenza: è paura.


Il mondo neutro è comodo. Ti consente di essere sempre d’accordo con chiunque, di non scontentare nessuno, di non rischiare nulla.


Ma un mondo che non sceglie è un mondo che non costruisce.


La vita stessa è fatta di scelte, e una generazione che rinuncia a scegliere rinuncia anche a contare.

La neutralità è divenuta il linguaggio del conformismo. Si chiama “equilibrio”, ma è solo paura travestita da saggezza.

In un tempo che invita a non urtare, a restare al centro, a dissolversi nella massa, prendere posizione è un atto di coraggio e di verità.


La presa di posizione non è il contrario del pensiero, ma la sua maturità.


Non significa chiudersi, ma scegliere.

Guardare la realtà, comprenderla e decidere da che parte stare.

Capire non vuol dire giustificare. Comprendere la complessità non significa abbandonare la verità. Il male resta male, anche se lo si spiega.


Oggi tutti parlano, ma pochi credono davvero. Tutti si informano, ma pochi si formano.


Siamo diventati spettatori del nostro tempo: commentiamo, analizziamo, ma raramente agiamo.


Eppure, senza azione non c’è cambiamento. Senza campo non c’è battaglia. E senza battaglia, non c’è storia.


Prendere posizione non significa odiare, ma riconoscere che esistono valori non negoziabili.

È la differenza tra chi galleggia e chi naviga.

Chi oggi sceglie di non essere neutro, chi decide di impegnarsi, di esporsi, diventa un

problema per il sistema — non perché estremista, ma perché libero.


L’Italia ha bisogno di una generazione che non abbia paura di dire “io ci credo”, che non si nasconda dietro il “forse” o il “dipende”.


La democrazia non vive di silenzi, ma di idee, confronto e coraggio.

La storia non la scrivono i neutrali: la subiscono. E i compromessi infiniti, alla lunga, non salvano nessuno.


Ogni rinascita nasce da chi ha avuto la forza di dire “no” quando tutti tacevano e “sì” quando tutti ridevano.

La passione, non l’indifferenza, è ciò che tiene in piedi una civiltà.


Il mondo neutro non è solo politico: è morale. È la cultura del “non è affar mio”, dell’apatia mascherata da tolleranza. Tutto è opinione, niente è verità. Ma senza verità, non esistono comunità.


Scegliere, oggi, significa rischiare. Ma il rischio è la condizione stessa della libertà.

Chi non rischia mai, non cresce. Chi non si espone, non lascia traccia. È nel rischio che si forgiano i caratteri, che si formano i leader, che si riconoscono le persone autentiche.


In un tempo in cui il consenso vale più della coerenza, la presa di posizione è un atto di

fedeltà verso sé stessi.

Non si tratta di vincere sempre, ma di non tradire ciò che si è.

Guardare negli occhi il proprio tempo e dire “io scelgo” è la forma più alta di responsabilità civile.

Perché la neutralità non costruisce nulla. Non fonda istituzioni, non scrive poesie, non genera futuro.


È il linguaggio dei burocrati dell’anima.

La presa di posizione, invece, è ciò che tiene in vita una democrazia.


E allora sì: in un mondo che invita a tacere, parlate.

In un mondo che si nasconde dietro la complessità, abbiate il coraggio della chiarezza.

In un mondo che galleggia, imparate a remare.

Perché il futuro non appartiene a chi osserva, ma a chi decide.

E una generazione che sceglie, anche sbagliando, è più viva di mille generazioni che restano a guardare.


Il mondo neutro finirà non con un’altra ideologia, ma con il ritorno a un principio antico: la libertà non è assenza di scelta, ma il coraggio di prenderla.

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