di Salvatore Tuzio
Un Cremino, un Flipper, un quartiere periferico di una Roma ormai sparita, una 128 verde chiaro e un fucile a canne mozze.
Sembrano gli ingredienti perfetti per un film di Pasolini, eppure di cinematografico non c’è nulla.
Roma, 29 ottobre 1975, via Erasmo Gattamelata al Prenestino. In un quartiere proletario, un gruppo di giovani cerca nella sede del Movimento Sociale Italiano un via alternativa alle posizione degli organi centrali e innovativi anche rispetto alle dottrine di sinistra che andavano per la maggiore in questa porzione territoriale. "Destra Proletaria" recitava lo slogan. Uno squarcio nella dicotomia destra-sinistra di quegli anni, una “terza via” alternativa che spaventa entrambi i posizionamenti monolitici e che inizia a fare breccia tra gli abitanti del quartiere.
Tra questi giovani ragazzi ce n'è uno di nome Mario, ha 17 anni, è taciturno, molto magro, frequenta la sezione perché lì c’è un flipper con cui ama passare i suoi pomeriggi. I più grandi lo chiamano Cremino, per la sua abitudine a mangiare l’omonimo gelato Algida, è molto attivo nella sezione e quando non gioca con il Flipper si diverte con il ciclostile.
Sono giorni pesanti nella capitale, sono i giorni del processo che vede inquisiti gli esecutori materiali dell’omicidio di un altro ragazzo del Fronte della Gioventù, Miki Mantakas; i gruppi della sinistra organizzata sono in fermento, si organizzano diverse mobilitazioni, c’è chi vuole la risposta pesante come a Torino o Milano, chi invece preferirebbe la protesta di piazza.
Nel marasma generale, un nucleo formato di tre ragazzi parte dalla vicina Centocelle a bordo di una Fiat 128 verde chiaro e, raggiunta la sezione di via Gattamelata, apre il fuoco contro i due ragazzi che stavano per entrarvi. Cremino viene raggiunto alla fossa iliaca, morirà nel trasporto in ospedale.
Mario aveva 17 anni. Mario viene ammazzato a colpi di fucile a canne mozze.
Mario era un ragazzino, come potrebbe essere tuo fratello o tuo figlio o il tuo migliore amico, Mario aveva una passione: la politica, come tanti di noi!
Sono passati 48 anni e questa storia è stata obliata, nessuno ha pagato, ma la violenza politica se pur mutata continua a serpeggiare nel sottosuolo della nostra Nazione, come arma di chi non ha idee se non tappare la bocca al proprio "nemico".
Lo vediamo ogni giorno nelle scuole e nelle università, dove lo scontro politico non è quasi mai sul campo delle idee e troppo a spesso assume la forme della minaccia, della prepotenza e dell'aggressione.
Troppo spesso giornali e figure delle istituzioni, invece di fermare la spirale dell'odio politico, alimentano lo scontro.
Contro tutto questo, e in memoria del sacrificio di Mario, vogliamo lanciare un appello a tutta la nostra generazione, sicuri che la stragrande maggioranza dei nostri coetanei è con noi:
NO ALLA VIOLENZA POLITICA
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