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Destroterminali


Di Gabriele Sciarratta


Se qualcuno di noi sperava di vedere l'Europa, pronta a realizzare il sogno europeo, si sbagliava di grosso, o perlomeno i tempi sono ancora lunghi.

Lo slogan muskiano, Make Europe Great Again, da bomba futurista è diventata l'ennesima miccia che non ha innescato l'ordigno; a quanto pare l'Europa ha paura di fare l'Europa.

Musk, terminando il suo lavoro da incaricato presidenziale, ha mandato in tilt la destra europea illuminata, lasciandola senza guida e senza vocazione.

Se anche il concetto di tecnodestra è sparito dai dibattiti interni all'ambiente, ancor prima di salire alla ribalta mediatica e popolare, a quanto pare c'è un problema: i miti sono morti. Se un tempo avevamo una fascinazione per il Signore degli Anelli e la natura, oggi, i nostri miti sono morti ancor prima di nascere, anche la destra rischia di diventare usa e getta, e la questione è puramente antropologica.

L'Italia che ha scelto di virare a destra, con la paura di scomparire dallo scacchiere, non potendo più permettersi di aspettare che l'alleato d'oltreoceano cominciasse a dare segno di cedimento, ha dovuto prendere posizione e sedersi a tavolo come punto di incontro tra UE ed USA. La domanda così sorge spontanea, è necessario essere punto di incontro o Europa?


A quanto pare, la tradizione dello switch-side, una memoria che la classe dirigente italiana non ha mai esecrato, è giunta al termine, preferiamo restare nel mezzo.

E anche a tavolo, i nostri miti sono morti.

L'unico soggetto politico che rischia di capitolare in questa partita, è l'Europa.

Un’Europa che ha un cuore di leone ma che ha perso il ruggito, diventanto perciò così, un'entità senza miti da inseguire.

Quando i fedelissimi del trumpismo liberal-soft-conservatore partecipavano idealmente all'assalto a Capitol Hill, elogiandola, non si sono fatti problemi anni dopo a tacere nel vedere l'incursione trumpiana e di Vance nei confronti della legittimità danese sulla Groenlandia e di quella ucraina su se stessa, così come hanno esultato nel vedere che i dazi non colpirono l'Italia (quasi come andando a ragionare in piccoli nazionalismi fuori tempo) Ma non poniamoci il problema, il liberale è un uomo che lascia la stanza non appena si inizia a litigare,

non meravigliamoci se poi l'Italia non riuscì a prendere posizione netta nei confronti della crisi europea e ucraina ai tempi.

L'Europa ha smarrito la propria spada di Damocle, non è un competitor sul piano geopolitico, ma un'entità appena maggiorenne che è costretta a trovare lavoro, scaricata da chi prima la teneva a bada (rivolgiamo gli occhi verso l'Atlantico), ovviamente sperando che il Leone non dia peso alle opinioni di un protestante, nonostante il cattolicissimo Vance ed il suo matrimonio interreligioso.


E allora “yankee go home” che svettava all'arrivo di Vance in Groenlandia, non resta solo uno slogan ribelle, che campeggiava nelle manifestazioni nazionaliste o autodeterministe dello scorso secolo, diventa una parola d'ordine contemporanea a tutti gli effetti.

La destra europea si divide, filo-atlantisti, pro-Putin ed emancipazionisti,

perciò prima di gridare all'ennesimo scandalo elettorale romeno, capiamo: preferiamo lo sbandamento ad est o un'apertura europea? Il comandamento “Europa-Nazione” resta perciò eclissato da questi posizionismi convenevoli solamente a certe categorie.

Se il volto che dovrebbe rappresentare l'avanguardia dell'Europa è composto da liberal-pacifisti, trumpisti, atlantisti, vannacciani, destroterminali, cristicchiani che considerano Cristicchi uno di destra, sovranisti nazionali, yankee, russofili, georgescuani italiani che gridano al golpe in Romania, turboliberalisti, badogliani, arrivisti e firmatari del nuovo codice della strada, significa che la rivoluzione che porterà l'Europa a diventare un soggetto geopolitico serio, è prossima all'arrivo... ma mi raccomando, attieniamoci alle nuove regole, cara Europa, guidiamo con prudenza.

 
 
 

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