di Fabio Morelli
È ormai calato da un paio di settimane il sipario sul 73° Festival della Canzone italiana, e sul palco dell’Ariston trionfa il favorito, colui che - per tutte e cinque le serate di gara - non ha mai provato l’ebrezza di scendere al di sotto della prima posizione.
Ascolti pazzeschi, per quella che viale Mazzini definisce una stagione dei record: nella seconda parte della serata finale, i quasi 9,5 milioni di telespettatori hanno fatto registrare uno share di oltre il 73%. Lo share medio dell’edizione, invece, è stato del 62,96%: il più alto, dal 1995 a oggi. Boicottatori, ’n do eravate? Furbastri…
Certo, indubbiamente il palco dell’Ariston è da sempre un luogo per lanciare dei messaggi, coi quali si può essere più d’accordo, meno d’accordo, o addirittura per nulla d’accordo; ma da che esiste il mondo, gli artisti non son mai state le figure più conservatrici di una società. Tra loro c’è sempre chi ha vissuto oltre le righe, chi ha fatto dell’eccentricità una ragione di vita, chi ha prestato voce a battaglie minoritarie. Di questo, spesso, l’intera categoria ha pagato il prezzo, finendo a vivere un po’ ai margini della società. Ebbene, se questo accadeva già in società ben più moralizzate della nostra, è inverosimile non solo credere che oggi non possa o debba accadere, ma anche che si possa limitare il fenomeno brandendo la sciabola della censura.
Mettiamola così: in una società democratica, la maggioranza ha voce dove si decide, ossia in Parlamento; non ha bisogno di controllare compulsivamente anche il dibattito su un palco.
Solo su una cosa, però, mi permetto di mettere in guardia i fautori di un certo pensiero progressista. Marco Mengoni è riservatissimo non solo sulla sua vita privata, ma non ha abusato per un secondo di quel palco per fare l’attivista di alcunché: ha cantato, ha messo in voce un pensiero, trasmettendo a ciascuno le emozioni che, quel brano, a ognuno era in grado di suscitare. E ha vinto. Lo stesso può dirsi per Tananai, che da ultimo nella precedente edizione, entra tra i primi cinque; o Mr. Rain, la grande rivelazione di questo Festival, che ha conquistato l’affetto del pubblico, e così la medaglia di bronzo.
Non è che allora, forse, tutta l’altra banda di influencer, da Rosa Chemical (canzone simpaticissima, ma niente più che roba commerciale) a Shari, che saluta il palco sbraitando che “l’amore è amore” (giura, pensavo fosse un formato di pasta!), usino un certo tipo di propaganda e di retorica per restare a galla, per essere ricordati, piegando certe tematiche a strumento di marketing, per scattare un paio di posizioni in più in classifica?
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