Il caso del Netflix-pride: la normalizzazione del fenomeno queer
- Redazione
- 10 dic 2020
- Tempo di lettura: 5 min
di Mirko Sciampacone
E' Venerdì sera, sei in camera ed entri su Netflix per guardarti gli ultimi episodi della tua serie preferita.
Scorri la pagina, arrivi alla sezione “In tendenza” e leggi i primi titoli disponibili.
Dopo aver letto la trama di alcune di queste celeberrime serie ti accorgi che suonano come una vera e propria propaganda lgbtq+ efebofila e pedofila: stai per caso impazzendo?
Malgrado l'assurdità del fatto, è la cruda realtà dei fatti.
THE BABY SITTER'S CLUB
Una nuova serie di Netflix che riguarda le vicende di cinque adolescenti alle prese con il babysitting, ove uno dei bambini accuditi “si sente” una bambina.
Nella serie si usa la dottrina transessuale per normalizzare ciò che di più anormale non potrebbe esistere, un salto di qualità nella manipolazione mediatica che fa male innanzitutto ai minori.
“Così come tu sai di essere destrimane, lui sa di essere una ragazza. Tutti vogliamo che il nostro lato esterno corrisponda a quello interiore”, asserisce Dawn, una delle protagoniste con un tentativo di indottrinamento che colpisce nel segno.
Sì, perché quando, nel corso del medesimo episodio, Bailey si sentirà poco bene e dovrà essere curato in ospedale, sarà la sua babysitter a correggere il personale medico che presume si tratti di un ragazzo asserendo che Bailey non è un maschio e che trattandolo come tale si ignora chi è “lei” davvero.
SEX EDUCATION
Lo show è un tentativo nemmeno tanto velato di forzare gli adolescenti ad ingoiare l'ennesima pillola queer.
La narrazione conduce gli spettatori lungo una linea di punti progettati solo per ulteriori programmi di sinistra: il sesso gay è bello, l'aborto non è un grosso problema, i bambini dovrebbero fare sesso e i cristiani sono tutti degli ipocriti bigotti.
Invece di chiedere: "Le scuole pubbliche dovrebbero informare gli studenti su come fare sesso sicuro anche se questo fa presumere che faranno sesso?" lo spettacolo sbatte la sua risposta in faccia al pubblico: "I bambini non dovrebbero essere informati solo su come fare sesso sicuro; dovrebbero sapere come fare sesso fantastico e molto. "
Otis si vergogna della sua verginità e della sua fobia. È costretto a nascondere entrambi ai suoi coetanei, perché "potrebbe essere un male per gli affari", secondo Maeve, l'unica altra vergine di cui il pubblico è a conoscenza e ritratta come una pazza emarginata, una perdente in fondo alla catena alimentare delle scuole superiori.
Ovviamente, gli scrittori cercano di rimediare facendo uscire Ola, uno degli interessi amorosi di Otis, come vergine nell'ultimo episodio.
Sfortunatamente perdono immediatamente la trazione quando Otis la bacia, ottiene un'erezione e, nella scena finale della stagione, riesce finalmente a masturbarsi.
CUTIES
Esplorazione della femminilità (o sessualità?) a 11 anni (11 anni!), contro il classico cliché della famiglia “tradizionale“.
Mentre Netflix cancella serie tv in Turchia perché “contro i valori e la cultura del Paese”, in Occidente prosegue la campagna martellante di iper-sessualizzazione dei bambini, che già oggi sta provocando effetti perniciosi ma ne vedremo la manifestazione integrale in futuro, quando ogni barriera sarà abbattuta (ricordiamo che la locandina originale era molto provocante, rimossa da Netflix dopo proteste degli utenti) la liberalizzazione della libertà sessuale e della sessualità minorile portata avanti da determinate frange del mondo dello spettacolo e dei media, si colloca esattamente nel solco della teoria di Overton.
Il sociologo analizzò la possibilità per un’idea, anche la più perversa e malsana, di sfruttare una finestra di opportunità per essere accettata dalle masse, al fine di rientrare a pieno titolo a far parte del mainstream affermandosi come socialmente accettata.
Il procedimento si compone dei seguenti stadi:
1) Impensabile: si apre la finestra, l’idea comincia a circolare nel dibattito pubblico ma viene fortemente
avversata. Se ne parla sempre di più.
2) Radicale: l’idea resta fortemente criticata ma si diffonde il dibattito e viene meno il tabù.
3) Accettabile: si sospende il giudizio e si adottano posizioni neutrali. Diffusione di espressioni come: “A
me non toglie nulla, perché vietarlo ad altri?”.
4) Diffusa: l’idea viene socialmente accettata e comincia a diventare parte del normale.
5) Legalizzata: l’idea inizialmente immorale e malsana viene ufficializzata per via legale e diventa parte
integrante della società.
Mentre serie televisive di questo timbro prendono piede, il 4 Luglio di quest'anno la Polizia Postale ha individuato in 15 regioni d'Italia una rete di pedofili italiani che su una nota piattaforma di messaggistica scambiavano materiale pedopornografico.
Dopo la raccapricciante scoperta delle autorità sono seguite una cinquantina tra perquisizioni e arresti per “detenzione, diffusione e in alcuni casi, di produzione di materiale pedopornografico” durante la quale sono stati sequestrati file con immagini abominevoli di abusi su minori, ritraenti vere e proprie pratiche di sadismo dove le vittime erano anche neonati.
Come se non bastasse, durante il “mese del pride” ha luogo la pubblicazione di alcune immagini di baci gay tratte da film e serie tv Netflix in risposta non si capisce bene quale critica mossa da chi, piazzando nei prodotti on demand ancora più personaggi Lgbtq+ etc. “Spesso ci dicono che i nostri titoli sono pieni di personaggi LGBTQ+. Sapete cosa? Ne vogliamo mettere ancora di più. Direttamente nei titoli”, recita il tweet corredato da un paio di arcobaleni.
Da qui prende conseguentemente piede il contest nei commenti ( sempre da parte di Netflix Italia) proponendo come titoli “Gender Things” e “Storia di un’unione civile”.
Sembra difficile immaginare che un gigante come Netflix gestisca la comunicazione a casaccio, tra l'altro inserendosi nel solco redditizio del pensiero unico e della “società aperta” tanto caro agli influencer di casa nostra come Fedez e Chiara Ferragni, che sponsorizzano a spada tratta la propaganda lgbtq+, rendendo uomini e donne meri oggetti di commercio ed elevando platealmente la libertà sessuale mentre viene calpestato in qualche discussione social la “sterile, retrograda e scontata coppia eterosessuale”.
A meno che non si organizzi un disabbonamento di massa in risposta a simili lavaggi del cervello, il massimo della minaccia rimane quello di disdire un singolo abbonamento: la progressista Netflix può così dormire sogni tranquilli.
LA QUESTIONE “ DISNEY PRIDE”
Ad ulteriore riprova dell'esistenza concreta di questa propaganda ad evidenti scopi di lucro è il disdicevole episodio orchestrato da DisneyLand Paris inscenando il “Magical Pride”, un vero e proprio “Gay Pride” ufficiale ha avuto luogo nel mese di Giugno dell'anno scorso nel noto parco, rivolgendosi principalmente alla comunità gay, lesbica, bisessuale e transgender aderendo ufficialmente alla causa LGBTQ+.
La notizia è gravissima se pensiamo quanto la Walt Disney Company tocchi da vicino i bambini e quale potere abbia su di essi, tanto da poter inquinare con tematiche sessuali i cartoni preferiti dei più piccoli, oltretutto sempre l’anno scorso la Disney ha pubblicizzato le “orecchie arcobaleno di Topolino”, ospitando in più occasioni diversi “Gay Day” ufficiosi: tuttavia, con l’annuncio del “Magical Pride” abbiamo superato, assieme al fenomeno Netflix, l'ormai vituperata linea della decenza.
Quando Bruno Forte, teologo ed arcivescovo di Chieti-Vasto, afferma che “La decadenza priva l’uomo della passione per la verità, lo spoglia di quelle motivazioni forti che l’ideologia ancora sembrava offrirgli.” forse non lo fa per indicarci il sentiero tortuoso che dovremo lasciarci presto alle spalle, ma il pericoloso precipizio che dovremo a breve prepararci a saltare, per evitare il declino.

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