La dittatura dei non fumatori
- Redazione
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Di Gabriele Sciarratta
“Se passo alle mild, divento rauco” rivela Venditti, il cantore della romanità per eccellenza preferisce le Marlboro, rosse tra l'altro, quelle, a sua detta gli schiariscono la voce, “torna limpida” dice.
Papa Luciani, alle domande dei cardinali che gli chiedevano se il tabacco era ben accetto in Vaticano, rispondeva chiarendo la sua posizione: “basta che la fumata sia bianca”.
Oppure Verdone che diviene co-protagonista dei suoi film perché sono più le ciospe che fuma che le sue battute da copione.
Un romanticismo non da poco, alcuni diranno che è un vizio minore il tabacco, ma Noi non siamo democristiani, non vogliamo mantenerci "casti e puri"...
E per fortuna non siamo neanche Gualtieri e Lorenzo Minio Paluello (della lista Roma Futura in Campidoglio) nome che esprime romanità e voglia di accendersene una a bordo Tevere, con vista gabbiani e rifiuti non raccolti.
Probabilmente Paluello e Roberto, si saranno scordati il solito pacchetto da finire tutto in una botta in pieno derby romano sugli spalti dell'Olimpico.
Ecco perché giunge in Campidoglio la proposta per il divieto di fumo nei luoghi pubblici nel centro storico della Città Eterna, che avrà una messa in prova di 12 mesi e successivamente, in base ai risultati, si allargherà o meno su tutto il suolo della Capitale.
Non oso immaginare la faccia di Plutarco, uno dei padri fondatori del tabagismo che portò il vizio a Roma quando ancora si fumava soltanto l'origano, nel vedere la sinistra anti-orwelliana che vieta lo strumento romano per eccellenza: la sigaretta.
Ma perché? La sinistra no-smoke vuole negarci la libertà di vivere la vita in modo schopenhaueriano, Noi romani conviviamo col nostro destino sin dal primo momento di vita, quando vediamo la luce del policlinico Umberto I, quando voliamo sulle buche col nostro motorino, quando pe' sbaglio te' ritrovi al Quarticciolo, quando gioca Roma-Lazio...e lì so' dolori. Ma adesso pensate a tutte queste esperienze, senza una sigaretta in bocca pronta ad ardere, un immaginario apocalittico, degno dei Cestò di Gualtieri e dell'immondizia incolta. Il macellaro di Trastevere, sospeso nel suo esistenzialismo, che come Camus, trova nel fumare una forma di ribellione per gestire la consapevolezza della mortalità.
Gualtieri è contro la vita, quella vera.
Se è da romani compiere e patire cose forti, immaginateci senza tabacco..."chi tra noi è senza peccato, scagli il primo sampietrino" e fantasticate invece, se Cesare avesse scoperto le sigarette, quanto sarebbero state più grandi le sue conquiste.
È anche la scena della frangia più giovane e contemporanea di questa Capitale a parlare, immaginate Franco126 nell'atto di sostituire tutte quelle parole che rimandano alle sigarette nelle sue canzoni, “birre come da copione, sigarette a colazione"? Non si potrà più fare.
La ribellione ad un sistema protestante e puritano deve partire da noi, dobbiamo essere pronti a scagliare le nostre once di tabacco oltre l'ostacolo, perché se vogliamo crescere una Roma degna del suo nome e che sia un'avanguardia europea di libertà e romanticismo, è necessario tenere pronta quell'ultima sigaretta che abbiamo nascosto in tasca, lontano dagli occhi del Grande Fratello del Campidoglio, per fumarla mentre siamo in barca al laghetto di Villa Borghese.
La priorità di questa giunta libertaria, ma di nome, è sopprimere il pathos di questa Città.
Potrebbe arrivare presto il periodo, in cui considereremo Fellini un'avanguardista solamente perché davanti la Fontana di Trevi in "Una dolce vita" guardava Anita e fumava una sigaretta.
Saranno solo ricordi.
Scambio di battute tra Verdone e poi Sordi:
“ricordate, un giorno er monno ritornerà tutto quanto selvatico, n'ce niente da fa', niente superalcolici, a' nicotina, er catrame...", “m'hai fatto venì voja de fuma!”.
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