top of page
Cerca

Il prossimo conclave: geopolitica vaticana

Immagine del redattore: RedazioneRedazione

Di Andrea Campiglio


Complici le condizioni di salute di Bergoglio e la sua non più verde età, le ultime

settimane hanno visto un forte interesse da parte della stampa, dei cattolici e anche di

semplici osservatori per quelle che sono le prospettive future di Santa Romana Chiesa.

Si torna a parlare di conclave e i vaticanisti hanno cominciato a ipotizzare i nomi dei

possibili papabili.

Un nuovo conclave

Una cosa è certa: il prossimo conclave sarà diverso da tutti quelli precedenti e molto

più ingovernabile. Questo per due ragioni, entrambe legate alle scelte fatte da papa

Bergoglio:

• Sono saltati gli schemi. Le tradizionali dinamiche che regolano le nomine del

Collegio cardinalizio sono state prese e cestinate da Francesco, che ha

cominciato a ignorare sedi cardinalizie storiche per nominare cardinali da Paesi

nuovi e inediti. Si pensi, ad esempio, alla scelta del vescovo di Teheran o di

Giuba, nel Sud Sudan, ignorando diocesi storiche e popolose come Venezia e

Milano (cosa vissuta malissimo dalle diocesi in questione).

• Il numero dei votanti. Con Francesco il numero dei cardinali elettori è

aumentato in modo consistente, tanto che il prossimo pontefice verrà eletto da

un collegio composto da 137 elettori, contro i 115 che hanno eletto Bergoglio e

Ratzinger e i 111 che hanno scelto Wojtyła.

Inoltre, molti dei porporati provengono da sedi lontane e spesso non si conoscono tra

loro, per cui non possono essere inseriti in una corrente, ma costituiscono un grande

serbatoio di voti liberi, che i futuri candidati al sacro soglio dovranno conquistarsi uno a

uno... cosa che contribuisce ad accrescere l'incertezza.

Per eleggere il pontefice, inoltre, servono i due terzi dei voti, per cui la quota minima al

momento è fissata a 91 cardinali.

La stragrande maggioranza dei cardinali elettori è stata scelta dall'attuale pontefice

(109 su 137), contro i 23 scelti da Benedetto XVI e i 5 da Giovanni Paolo II. Quindi

l'orientamento della maggior parte di loro è, se non progressista, comunque non

apertamente ostile verso l'attuale papa.

Tuttavia, le linee di demarcazione dei vari gruppi sono quanto mai flebili e l'attuale

pontificato, se sicuramente ha creato diverse tensioni con i cardinali più conservatori o

anche solo moderati, non sempre ha soddisfatto i progressisti. Si veda, ad esempio, laConferenza episcopale tedesca, rimasta delusa da una serie di aperture preannunciate

ma non attuate.

Bergoglio, a differenza dei predecessori, non ha finora indicato un successore o,

meglio, nel corso del suo pontificato ha posto in luce diversi nomi, presto però

abbandonati nel giro di breve tempo. Non vi è perciò al momento un candidato di

continuità unanime.

I papabili: geografia del voto

Negli ultimi mesi, in Vaticano è circolato un interessante documento che elenca i nomi

di 22 possibili papabili. Vediamone qualcuno:

Gli italiani

Con 19 elettori, sono il gruppo più numeroso, sebbene, conclave dopo conclave, il loro

peso si vada riducendo. Nel 1978 si è rotta a sorpresa la tradizione di scegliere pontefici

italiani; da allora, a ogni elezione si crea una sorta di “cordone sanitario” finalizzato a

isolarli.

Ideologicamente, gli italiani tendono a orientarsi in base alle idee del pontefice

regnante, ragione per cui, sotto Bergoglio, si sono sostanzialmente quasi tutti spostati

su posizioni progressiste, nonostante il papa argentino, con le sue politiche, abbia

ridotto il peso e la centralità dell'Italia nella Chiesa cattolica, cosa che ha creato non

pochi malumori tra i vescovi italiani.

Tra i possibili favoriti ci sono:

• Pietro Parolin, segretario di Stato, vicentino, progressista, con alle spalle una

lunga carriera nella diplomazia vaticana. Considerato a lungo uno dei possibili

favoriti di Francesco per la successione, ha visto il suo astro appannarsi quando

le trattative per una tregua tra Russia e Ucraina sono state affidate al cardinale

Zuppi invece che a lui. Ad oggi, sta cercando di riposizionarsi e di mostrarsi

come il più moderato della sinistra vaticana, non risparmiando critiche ai prelati

più radicali, come Víctor Fernández e il suo documento che permette la

benedizione delle coppie omosessuali purché “non durino più di 10-15

secondi”.

• Matteo Zuppi, presidente della CEI e arcivescovo di Bologna, nuovo beniamino

del pontefice e frequentatore del salotto TV di Fabio Fazio. Vicino alla Comunità

di Sant’Egidio, in passato aveva persino celebrato in rito tridentino, ma da

quando è presidente della CEI pare che la sua attenzione per le comunità

tradizionaliste sia scemata (nella sola Bologna ha fatto ridurre le messe in latinoda 4 a 1) per inserirsi pienamente nella narrativa progressista prevalente in

Vaticano.

Come detto, era stato incaricato di lavorare a una tregua in Ucraina, ma la sua missione

è naufragata: una macchia che potrebbe pesare.

• Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme e custode di Terra Santa.

Giovane, bergamasco, molto stimato per la sua abilità nel districarsi nel

conflitto tra Israele e Palestina, riuscendo a guadagnare rispetto e

autorevolezza. Non ha mai preso posizione sui temi sensibili, evitando

polemiche. È un possibile candidato di compromesso. Potrebbe pagare il fatto

di essere estraneo alle dinamiche romane.

Gli europei

L'Europa si presenta molto frammentata, con 59 elettori provenienti da 19 paesi. I più

rappresentati, dopo gli italiani, sono i francesi e gli spagnoli, con 6 elettori. Tra di loro,

però, non sembrano esserci figure papabili. I favoriti tra i cardinali del Vecchio

Continente sono:

• Il primate di Ungheria, Péter Erdő. Il cardinale è di fatto il candidato della

destra cattolica più quotato: uno degli ultimi a ricevere la porpora da Giovanni

Paolo II. Erdő ha buoni rapporti con il presidente Orbán e per questo viene

guardato con sospetto dall'attuale Vaticano.

Nonostante le sue posizioni piuttosto definite, vanta un credito trasversale, tanto da

essere il presidente dei vescovi europei.

• Gerhard Müller, bavarese. Stretto collaboratore di papa Benedetto XVI e, per

questo, messo da parte negli ultimi tempi. È un conservatore, celebra

saltuariamente in rito tridentino ed è il punto di riferimento dei prelati legati a

Ratzinger. Potrebbe essere danneggiato dal fatto di non avere l'appoggio della

Chiesa tedesca, notoriamente ultra-progressista.

Il Nord America

La Conferenza Episcopale degli USA è una delle grandi incognite. Storicamente vicina

al Partito Democratico, negli ultimi anni ha visto una vera e propria faida interna: da una

parte, il gruppo egemonico ha perso credibilità in seguito allo scandalo McCarrick, il

cardinale americano riconosciuto colpevole di gravi abusi e considerato vicino a Biden;

dall'altra, i fedeli si sono avvicinati ai Repubblicani, e questo ha avuto delle

conseguenze anche a livello ecclesiastico, con l'affermarsi di pastori più conservatori:• Americano è Raymond Burke, ultraconservatore e tradizionalista, grande

nemico di Francesco, che lo ha punito negandogli l'appartamento e il reddito

nonostante sia cardinale. Celebra principalmente in rito antico ed è considerato

il punto di riferimento per i cattolici più a destra. Si è detto che Trump lo

vorrebbe Papa, ma pare che l'età (78 anni) lo metta fuori gioco.

Più probabilmente, i dieci cardinali elettori americani (il secondo gruppo per

consistenza) si polarizzeranno tra il conservatore Timothy Dolan, arcivescovo di New

York che nel 2020 ha anche partecipato alla convention repubblicana, e il progressista

Blaise Cupich, arcivescovo di Chicago.

Proprio però questa spaccatura interna segna uno degli elementi di debolezza per i

papabili statunitensi.

I Sudamericani

Molto improbabile si opti per un secondo Papa latino-americano. Se così fosse, il

favorito è il brasiliano Sergio de Rocha, punto di riferimento dei progressisti del

continente. Proprio questa frammentazione del campo progressista su base geografica

costituisce una delle incognite maggiori del prossimo Conclave.

Gli Africani

Una delle realtà più interessanti. Storicamente progressista, il recente pontificato ha

completamente cambiato gli equilibri. Le aperture alle coppie omosessuali non sono

state accolte con gioia dalle Chiese locali, che anzi si sono apertamente ribellate a

questo nuovo corso in modo molto netto e mostrando una compattezza notevole.

Il loro storico leader è il cardinale Robert Sarah, molto vicino a Ratzinger, fortemente

conservatore e acceso critico dell'immigrazione. Grande difensore della liturgia in

latino, è apprezzato anche dalle comunità tradizionaliste europee.

Tuttavia, se i 16 elettori africani decidessero di proporre un proprio candidato, sarebbe

più probabile che la scelta cada su:

• Fridolin Ambongo Besungu, arcivescovo di Kinshasa. Proprio lui è stato

l'animatore delle proteste contro la benedizione alle coppie omosessuali,

guadagnandosi il ruolo di punto di riferimento dell'episcopato africano.

Gli Asiatici

Si tratta di un gruppo piuttosto ampio e frammentato, composto da 21 cardinali

elettori, e il cui comportamento in sede di Conclave non è di facile lettura. Il candidato

più accreditato è• Luis Antonio Tagle, filippino, arcivescovo di Manila. Progressista, proveniente da

una nazione popolosa e cattolica, molto apprezzato da Bergoglio, per anni

sembrava destinato ad esserne il successore naturale. Nell'ultima fase però, la

sua fama si è appannata e sembra essere stato messo da parte.

Lo Spirito Santo

In conclusione, c'è una questione che un credente si può porre: ma come si concilia

tutto ciò con l'azione dello Spirito Santo durante il Conclave?

Può essere interessante rileggere una riflessione di Ratzinger in proposito:

«Non direi così, nel senso che sia lo Spirito Santo a sceglierlo. Direi che lo Spirito Santo

non prende esattamente il controllo della questione, ma piuttosto (...) ci lascia molto

spazio, molta libertà, senza pienamente abbandonarci. Così che il ruolo dello Spirito

dovrebbe essere inteso in un senso molto più elastico, non che egli detti il candidato

per il quale uno debba votare. Probabilmente l’unica sicurezza che egli offre è che la

cosa non possa essere totalmente rovinata. Ci sono troppi esempi di Papi che

evidentemente lo Spirito Santo non avrebbe scelto»

 
 
 

Commentaires


bottom of page