di Ilaria Telesca Un anno fa il mondo scopriva una guerra alle porte dell’Europa, che va avanti da nove anni. Dal 2014, infatti, il popolo del Donbass, in particolare delle due Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk, chiede di essere legittimato a vivere insieme ai propri fratelli tramite l’annessione alla Russia. Volontà che l’Ucraina da allora ha bloccato con bombe e omicidi di civili, con stragi come quella di Odessa (42 morti e 174 feriti) ed attacchi continui ad un popolo che si considera russo a tutti gli effetti e che non si è voluto piegare all’occidentalizzazione imposta nei propri territori. Dopo otto anni di guerra, la Russia decide che il sangue per l’autodeterminazione non può essere stato versato invano e sceglie, quindi, di sostenere pubblicamente l’annessione delle due Repubbliche al proprio territorio. “Qualcuno combatte per il petrolio, qualcuno per i dollari, qualcuno per il potere, altri per le frontiere. Mentre tutti noi ci siamo ribellati! Compagni d’armi, amici e tutti voi, insegnanti, dottori, minatori, noi tutti combattiamo per amore! Perché amiamo la nostra Patria, i nostri figli e le nostri mogli, la nostra lingua e la nostra storia. Questo amore ci permette di compiere le imprese che stiamo realizzando. Si tratta dell’amore per la moglie, per la madre e per la propria terra. Amore per il quale possiamo morire ed amore per il quale possiamo uccidere.” Così diceva Alexander Zakharchenko, Presidente della Repubblica Popolare di Donetsk rimasto vittima a seguito di un attentato ucraino nel 2018. Quella dichiarazione di Putin proviene anche dal fatto che il Trattato di Minsk del 2014, firmato proprio per fermare gli scontri che dall’Euromaidan erano sfociati nel Golpe a Kiev, non è mai stato rispettato, non essendosi mai bloccato il conflitto tra Ucraina e Donbass. Da quelle parole del Presidente russo la guerra assume rilevanza in tutto il mondo, tanto che i media occidentali avvisano i propri lettori e ascoltatori dello scoppio di un conflitto a febbraio 2022, lasciando sconosciuti ai più i precedenti otto anni di massacro. Non è necessario prendere posizione “a prescindere”, nessuno è filorusso né si può essere a tutti gli effetti filoucraini. Bisogna conoscere la storia e analizzare tutte le pedine di questa scacchiera non per scegliere a chi inviare armi, ma per capire quanto la propria sovranità non sia autentica e come le decisioni dei propri paesi non siano prese in sede europea. L’Europa, intesa come moderna Unione monetaria, da un anno dimostra la sua inefficienza nel prendere decisioni e la sua inefficacia negli interventi diplomatici. Il centro del mondo, anche in situazioni tragiche come questa, non è in grado di distaccarsi dai diktat provenienti da oltreoceano e da scelte che ledono prima di tutto la propria situazione sociale e politica. Non si può sostenere in alcun modo e in nessuna direzione una guerra che colpisce il popolo europeo in prima persona. È vero, le nostre case non vengono bombardate, le scuole per i nostri ragazzi sono integre, le nostre macchine non si affiancano ai carri armati, non usciamo di casa con il terrore di finire in mezzo ad una rappresaglia armata. È pur vero, però, che le nostre vite sono segnate dalle conseguenze economiche e sociali derivanti proprio da questo conflitto, che bisogna fermare a tutti i costi imponendo una tregua e una pace (situazione che, ovviamente, risulta difficile se continuiamo ad inviare armi ad una delle due parti, potenziandola, permettendole di reagire e quindi fomentando giorno dopo giorno lo scontro, così come la NATO desidera). L’intervento europeo dovrebbe essere fondamentale e decisivo. Dopo un anno di sofferenza e di palese servitù non abbiamo ancora compreso quanto sia importante per il Vecchio Continente essere padrone del proprio destino, scegliere autonomamente i propri partner commerciali ed economici con un solo fine, quello del bene del popolo europeo. Altrettanto importante e con lo stesso scopo, quindi, risulta essere la scelta di alimentare militarmente una guerra che danneggia la conduzione della nostra esistenza. Da che parte stiamo? Con l’Europa o con chi sceglie di indebolirci? Non possiamo prendere le parti della Russia né proseguire nell’incondizionato appoggio all’Ucraina. Non possiamo permettere agli Stati Uniti o alla Cina di diventare le uniche superpotenze in grado di gestire le sorti del resto del mondo. L’Europa faccia gli interessi europei.
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