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Incoerenza e ipocrisia del femminismo moderno

di Marco Gaetani


Sono rimasto basito nel sentire Alan Friedman (guru dell'opinionismo televisivo), definire Melania Trump, come la "escort" del marito, fra le risate compiaciute dei presenti in studio. Il tutto in diretta sul primo canale della TV di Stato, a cui tutti contribuiamo col pagamento del canone.


E sono ancora più basito nel constatare il silenzio assordante delle femministe, sempre pronte a stracciarsi le vesti per denunciare i "sessisti retrogradi" che omettono di declinare al femminile le parole sindacA, ministrA o deputatA, probabilmente troppo impegnate a sostituire l'ultima lettera dei sostantivi con gli asterischi o a battersi per la libertà di monociglio.


Immaginiamo se invece, a parti inverse, queste parole spregevoli fossero state rivolte a Jill Biden, a Michelle Obama, a Hillary Clinton o a Kamala Harris: si sarebbe gridato allo scandalo, si sarebbero chieste le dimissioni dei vertici RAI, sarebbero intervenuti i caschi blu dell'ONU.


Però se si tratta di Melania Trump la situazione resta pressoché inosservata, se non sei di sinistra tutto è giustificabile.


Ed è ciò che sentiamo quotidianamente su Giorgia Meloni, unica donna italiana capo di partito, attaccata non per le sue idee ma per il suo aspetto fisico o per il suo accento. Il tutto nell'indifferenza delle sedicenti femministe, che ultimamente si divertono a chiamarla "pescivendola" o "caciottara". È stata poi definita "ritardata, brutta, volgare" da Oliviero Toscani; "lardosa fascista" da Asia Argento; "scrofa, viscida, cessa, sacco di merda" dalle Sardine di Roma, nate per contrastare il linguaggio d'odio. Insultata e presa a sputi dagli antifa nelle campagne elettorali. Nel silenzio di tutte.


È l'ipocrisia e l'indifferenza del femminismo a senso unico, per cui le rivendicazioni dei diritti delle donne valgono sempre, ma non se sei di Destra. Se sei di Destra puoi anche essere definita "escort" sulla televisione pubblica, nessuno si indignerà.


 
 
 

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