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L'Aquila spennata

di Riccardo Livatino


Eduard Limonov , il poeta russo che preferisce i grandi negri, il criminale di guerra, il fallito più famoso di Russia, aggettivi che sicuramente possono riassumere le disavventure e il personaggio tanto dedito alla rivoluzione quanto alla sregolatezza.


Sicuramente tutti abbiamo sentito parlare di lui, grazie a Carrere e al suo libro di grande successo e i più audaci tramite i suoi libri scandalosi.

Limonov di certo non ha mai smesso di farsi notare come un personaggio eccentrico in una Russia sovietica grigia e ormai sull'orlo del tramonto. Ha sempre sognato una cosa dal piccolo appartamento in cui viveva con la sua dura madre e un padre mediocre, ovvero divenire il signore feudale della Russia , un pò come lo era stato Stalin.


Un rivoluzionario sfortunato che ha tentato prima con la sua poesia, non capita, e poi dopo con i suoi libri, certamente migliori, a farsi conoscere per il mondo e farsi portavoce di una vera e propria rivoluzione culturale.

Limonov ha sempre creduto nel diritto del più forte, credenza ereditata dalla madre, anche se nella sua vita si lascerà andare a una certa misericordia per certuni poveracci, soprattutto si sentirà a suo agio non tra i salotti decadenti dei sovietici, ma tra i criminali persino quelli più depravati.

Eduard ha riunito attorno a sé le speranze di chi sognava la giovinezza, sia nella politica che nella letteratura , sarà lui a riunire in un unico partito, Il partito nazional bolscevico, trapper della New age, eversivi di estrema sinistra con simpatie per la RAF e "fascisti" come Dugin. E sarà proprio quest'ultimo a dare a Limonov un tono di sacralità nella sua lotta, un pò come tutti i giovani rivoluzionari poco dediti alla sacralità e alla tradizione per poi venirne affascinati da adulti.


Limonov, nonostante il suo carisma, non avrà successo e si vedrà anche lui come il padre superato da un ex cekista che gli renderà la militanza impossibile , Vladimir Putin. Entrambi nazionalisti e difensori della grande Russia fino a negare i crimini sovietici e rifiutare l'accostamento con la Germania nazista, ma nemici tanto che lo zar lo farà arrestare per eversione e il suo partito verrà sciolto.


Dopo la prigione quello che vediamo è un Limonov che pur di andare al potere si allea con liberali come Kasparov, si fa anche lui portavoce dei diritti umani che prima avrebbe schifato, diventando di fatto l'ombra di sé stesso. Alla fine della sua epopea si può dire che Limonov sia stato niente poco di meno che un fallito, una sensazione provata anche dai grandi rivoluzionari europei che con i loro movimenti non sono riusciti a combinare nulla. Forse Limonov è un pò come Jacke La Motta che all'apice del suo fallimento ripete ancora davanti allo specchio: "Sono il migliore".


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