di Piergiorgio Laguardia
Smartworking: rischi, incertezze e potenzialità del paradigma del futuro Anche il lavoro oggi si adegua al passo inarrestabile dell’innovazione tecnologica, e con una pandemia globale è esploso un nuovo paradigma del mercato del lavoro, che stava già germogliando nel 5-10% delle aziende: lo Smartworking.
Differente dal telelavoro: mentre quest ultimo è stato istituito con legge del 1998 e prevede di lavorare in una postazione diversa da quella dell’ ufficio ma che sia controllata nell’idoneità sanitaria, infortunistica e quant altro dal datore di lavoro, lo Smart working prevede il lavoro da casa o da qualsiasi altro posto.
Alcune campagne mediatiche e pubblicitarie propagandistiche, diffuse anche dai media mainstream, come osserva Savino Balzano nel suo libro Contro Lo Smartworking, propagandavano l’idea di un lavoro svolto dal cottage in semi vacanza. Così in semi vacanza che aveva una durata indefinita l’orario lavorativo. E qui mi affaccio al problema: lo Smartworking non regolamentato alimenta l’imperativo pluslavoristico, cioè un lavoro a scaglioni stressante, sottopagato e precario. Che non aumenta la produttività ma la precarietà.
La legge n 81 del 2017 ( guardate un po’ realizzata dal centrosinistra) non riconosce la disconnessione come un diritto ma lo rinvia alla negoziazione tra le parti, con potere negoziale disarticolato della classe lavoratrice. Diverso invece sarebbe lo scenario se il tema si affrontasse in contrattazione collettiva e quello alla disconnessione venisse equiparato ad un diritto: se ne potrebbero valorizzare tutti i benefici, ossia per le famiglie una migliore conciliazione tra vita e lavoro anche per l’accudimento dei figli, per i tanti meridionali che lavorano al Nord e con lo smart working sono tornati a vivere al sud questo gli ha permesso di tornare a vivere e di investire nella propria terra di origine da anni martoriata da una crescente emigrazione e da una spesa storica sempre penalizzante.
Ritornando per un attimo alle campagne pubblicitarie ingannevoli dei media mainstream, ricordo ancora come Il Sole 24 Ore volesse far credere che con lo smart working era aumentato il welfare. In ogni caso indietro non si può tornare, lo Smartworking ormai è un elemento irreversibile, a differenza di quanto vogliano sostenere alcuni luddisti e, se ben regolamentato in contrattazione collettiva, ci guadagnano sia le aziende sia i lavoratori: possono migliorare la produttività, la redditività e il benessere. E, se alternato, anche gli esercizi commerciali, bar e spazi di coworking possono non subire ingenti flessioni di fatturato.
Anche nella Pubblica Amministrazione si può applicare lo stesso discorso ed è ovvio sottolineare come l’ex ministro Brunetta sia da bocciare senza appello per come ha affrontato la questione, con la solita spocchia di chi risponde agli interessi del grande capitale.
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