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Laici o religiosi?

di Giuseppe Terone


La laicità e la religione sono davvero così diverse? Chissà.


Siccome, come dice il mio caro professore, non si riesce a definire un concetto finché non se ne individua uno contrario che lo restringa in certi confini, per fare questa breve analisi partiamo dalle definizioni.

In Italia le principali polemiche si sollevano sostenendo che lo Stato italiano sia falsamente laico, perché i patti privilegiati di cui gode la Chiesa Cattolica in Italia lo rendono di fatto uno Stato con una religione che è, se non ufficiale, imposta. Da questo ne deriverebbero gesti “discriminatori”, come l’apposizione del crocifisso nelle aule scolastiche, la celebrazione di eventi religiosi legati al cattolicesimo, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole italiane.

Innanzitutto mi piacerebbe sottolineare la simpatia con cui queste persone non nominano mai tra i motivi di discriminazione le vacanze di Natale, quelle di Capodanno, la Pasqua, il Ferragosto, l’1 novembre e l’8 dicembre, il giorno del Santo Patrono oppure tutte le feste finanziate dalle autorità comunali o statali che vengono svolte come eventi importanti come il Palio di Siena o le numerose corse di buoi e cavalli che si svolgono in tutto il Paese in data di ricorrenze religiose.


Mi piacerebbe poi sapere se, per rendere l’Italia un vero Stato laico, si debba cambiare il nome di tutti quei paesi che ne portano uno di un Santo come Sant’Elia a Pianisi (CB), San Giuseppe Vesuviano (NA), Sant’Anastasia (NA), San Bonifacio (VR), San Lazzaro di Savena (BO) e si potrebbe andare avanti molto a lungo.

Detto ciò, passiamo alle cose serie. L’Italia ha dei rapporti con la Città del Vaticano dal 1929, poi modificati ed aggiornati nel 1984.

Sono patti scritti in quanto le due entità sono due Stati, che si mantengono distinte ed indipendenti l’una dall’altra (altrimenti alcune leggi come quella sull’aborto non sarebbero possibili).

Negli ultimi anni sui contenuti di questo Concordato, specialmente nel caso della scuola, ci sono state molte polemiche. Il crocifisso nelle scuole è stato al centro degli attacchi, perché i fondamentalisti dello Stato laico lo hanno reputato motivo e simbolo di esclusione nei confronti di chi non si identifica nel Cristianesimo.

Dal 2009 al 2021 ci sono state una serie di sentenze, alcune emesse dal Consiglio d’Europa e dalla Corte di Cassazione, che hanno sancito il contrario.

Sarebbe comunque dubbia la natura discriminatoria di un simbolo come il crocifisso a partire dal suo significato, ma non solo. Esso fa parte del portato culturale del Paese, delle basi su cui si fonda l’intero costume italiano, il quale è un derivato di grecità, romanità e cristianità.


Se non è abbastanza chiaro così, proviamo a fare qualche esempio sul senso di questo tracciato: chiese, piazze, dipinti, architettura, scrittura, musica, intere città, tradizioni millenarie ancora vive e sentite, il senso etico di comunità e solidarietà, tutte le esperienze di associazione che un motivo o per un altro popolano il nostro Paese e affiancano le nostre gioventù.

Tutto questo che viene criticato, bisogna darne atto, è sintomo di una religione ufficiale. La stessa laicità, quando si trasforma fondamentalismo a tal punto di voler eliminare simboli culturali così importanti che raccontano della storia di un Paese, diventa una religione. Anche essa si fa portatrice di una visione del mondo, di valori etici e morali che, volenti o nolenti, possono essere messi in discussione da tutti. Ma poi, in realtà, avere una religione ufficiale comporta trasformarsi in una teocrazia?

Oggi in Europa ci sono Stati con religione ufficiale come la Danimarca, la Norvegia, il Regno Unito, la Grecia, il Liechtenstein e Monaco, ma in nessuno di questi paesi manca libertà religiosa. Dobbiamo dunque constatare che avere una religione di Stato non implica ristrettezze di diritti o discriminazioni: si tratta del riconoscimento di un tracciato antico ma non obsoleto, tradizionale, storico e culturale che descrive un popolo e le sue radici. Quando uno Stato vuole limitare le libertà religiosa di un individuo non lo fa semplicemente riconoscendo una religione ufficiale, ma lo fa trasformandosi in Stato confessionale. Uno Stato confessionale, come può essere l’Afghanistan oggi, è notoriamente uno Stato che attraverso ogni tipo di canale diffonde messaggi religiosi e che obbliga tutti i cittadini ad aderire alla propria religione senza possibilità di scelta. Di Stati confessionali in Europa, se abbiamo la decenza di escludere la Città del Vaticano, non ce ne sono.

Per cui che le dicitura “laico” si addica o meno al nostro Paese, poco importa. Ciò che importa è che la libertà religiosa non sia mai messa in discussione. Ma la cultura, la tradizione, l’eredità che ci lascia il Cristianesimo e il suo ruolo nel quotidiano italiano non può essere altrettanto messo in discussione perché non avrebbe nessun senso, a meno che non si applichi una distruzione completa del paese e dei suoi costumi ma a quel punto si dovrebbe lottare per conservare molto altro.




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