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Mai dimenticare

di Alessio Moroni


Il 16 aprile 1973 è stato un giorno drammatico della storia italiana.

In quello che poi sarà ricordato come il Rogo di Primavalle, morirono Virgilio e Stefano Mattei (22 e 8 anni), figli di Mario Mattei, segretario locale del Movimento Sociale Italiano.

Per comprendere immediatamente la tragedia di quell’evento basta fare una piccola ricerca su Internet, di modo da ritrovare le foto della casa dopo l’infausta notte e veder in primo piano il corpo carbonizzato di uno dei poveri fanciulli. Immagini che, per quanto crude, devono essere impresse nella memoria collettiva, di modo da non lasciar sopire nel tempo il riprovevole crimine attuato da alcuni membri di Potere Operaio in nome di una lotta fra ideologie che troppe vite innocenti ha spezzato.

Erano gli anni di piombo e di tritolo: ogni giorno fiorivano nuovi gruppi politici extraparlamentari, e - specialmente nelle grandi città - manifestazioni, feriti e persino i morti, erano all’ordine del giorno. Nella suddetta notte un gruppo intimidatorio guidato da Achille Lollo versò cinque litri di benzina sotto l’ingresso dell’appartamento sito al terzo piano di Via Bernardo da Bibbiena 33. Mario Mattei, la moglie e quattro dei sei figli riuscirono a salvarsi ma per due di loro non vi fu scampo, finendo vittime di una morte che non si augurerebbe nemmeno al peggiore degli esseri umani.

A raccontare quei momenti è un cittadino romano che, quel giorno, casualmente, passò davanti alla casa del rogo e che ci può fornire un’esperienza diretta su come fu straziante assistere a tale evento e sulle responsabilità dirette della sinistra. << A quei tempi giocavo nelle giovanili della SS Lazio e mi stavo dirigendo verso il campo locale di Primavalle, dove si doveva tenere un torneo calcistico a cui dovevamo partecipare. Ero undicenne, e come logico che sia per un ragazzo di quell’età, non ero molto informato di politica. La mattina scesi dall’autobus e mentre camminavo verso il centro sportivo, vidi molta polizia e un gruppo di curiosi assembrati. Notai che alcuni di questi cittadini avevano delle bandiere rosse con falce e martello e che urlavano con tutta la voce slogan contro forze dell’ordine. Io, con la borsa della Lazio sulla spalla, venni aiutato dalla polizia ad oltrepassare la calca che si trovava davanti alla casa in cui era avvenuto il fatto. Ad un certo punto mi girai e vidi dalla finestra, annerata dall’incendio notturno, due ragazzi che non riuscivo bene a distinguere (solo dopo, a mente lucida, capii che erano carbonizzati). Erano due forme che mi ricordavano due pupazzi bruciati: uno più piccolo e uno più grande. Chiesi ad un poliziotto cosa fosse successo e lui mi disse che erano morte due persone a causa un incendio. Sentendo le persone che strillavano ‘’a morte, a morte’’ gli chiesi il perché stessero comportandosi così e lui mi disse (col senno di poi direi quasi come un ammonimento paterno) di non interessarmi di queste faccende politiche. Rimasi colpito dal fatto che ci fossero due persone morte e che nel mentre molti stessero inneggiando al loro omicidio. Mi sembrò profondamente irrispettoso esultare per la morte di altri individui. Questa cosa mi colpì talmente tanto che cominciai ad avvertire disprezzo verso la sinistra, verso i comunisti. Cominciai a leggere i quotidiani e notai come loro (i comunisti n.d.r.) si difendevano affermando che fosse stata una faida interna all’MSI, dato che il padre era il segretario della sezione missina. Da quel momento ho iniziato ad informarmi di politica e notai che sui giornali si spacciava questa cosa come una guerra civile tra «fascisti». In particolar modo fece scalpore la posizione assunta da ‘Il Messaggero’, guidato all’epoca da Alessandro Perrone in cui si difesero, senza remore, i militanti di Potere Operaio (è importante notare come sua nipote Diana facesse parte del gruppo extraparlamentare n.d.r.), senza dimenticare le difese ad oltranza verso gli assassini assunte da Dario Fo, dalla moglie Franca Rame (memorabile, in senso negativo, la lettera che scrisse a Lollo), da Alberto Moravia e da molti parlamentari del Partito Comunista Italiano. Questi atteggiamenti giustificatori causarono una contro-protesta da parte della destra: i giovani, per rivolta, cominciarono ad organizzarsi in maniera massiccia andando in piazza e manifestando contro l’egemonia socio-culturale della sinistra. L’escalation fu raggiunta alla fine della quarta udienza del processo sulla tragedia di Primavalle dove militanti del Fronte della Gioventù manifestarono poiché si riteneva una farsa il processo che stava virando esclusivamente verso l’accusa di omicidio colposo. Andammo a fare il corteo ma arrivò la polizia che insieme ai compagni ci circondò. Ci ritirammo verso la sezione di Via Ottaviano, a venti metri da Piazza Risorgimento, piazza in cui si erano appostati gruppetti di sinistra da 10-20 persone per chiuderci ogni via di fuga. Il furgone della polizia davanti alla sezione venne assalito dai ragazzi di sinistra che volevano entrare nel palazzo della sezione. Quando cominciarono ad essere lanciati i lacrimogeni ci fu il fuggi fuggi e tutti ci ritirammo a Piazza Risorgimento dove uno di questi gruppi sparò nel mucchio e colpì Mikis Mantakas, giovane studente greco>>.

La memoria collettiva cerca continuamente di tenere vivo il ricordo di queste due vite interrottesi, per mano brutale, troppo presto: nel 2003, trentennale della strage, su iniziativa del Presidente del XIX° municipio Mario Visconti, venne apposta una targa sull’area verde di Primavalle. La giunta Raggi nel 2019 ha ufficializzato la denominazione del parco a "Stefano e Virgilio Mattei: vittime della violenza politica".

Nessuno ha mai pagato e nonostante i numerosi tentativi di riapertura del caso non si è mai arrivati ad una condanna che potesse quantomeno rendere giustizia alla memoria dei due giovani scomparsi.


A memoria anche del trattamento ingiusto che ebbero, è bene citare qualche titolo di alcuni quotidiani dell’epoca, sintomo di come spesso, in base al credo politico, si possano fare morti di serie A e morti di serie B. Il Manifesto: «Roma, assassinati due figli del segretario del MSI di Primavalle in un incendio doloso. È un delitto nazista. Fermato un fascista». Lotta continua: «La provocazione fascista oltre ogni limite, arriva al punto di uccidere i suoi figli. Un bambino è il costo di una criminale vendetta fascista».

Importante è non dimenticare le vittime, chi ha ucciso e chi ha nascosto tutto.


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