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Natale di Roma: Ritorno all’Origine Sacra

Di Gabriele Sciarratta e Alessandro Alario


Il 21 aprile di ogni anno si celebra il Natale di Roma, una ricorrenza che va ben oltre la semplice commemorazione storica. In questa data, la fondazione dell’Urbe viene ricordata non solo come evento cronologico, ma come momento metafisico, sacro, archetipico: la manifestazione di un Centro spirituale destinato a rappresentare sulla terra l’Ordine divino.

Roma: Il Centro del Mondo e l’eterno compito di Restaurazione

Nel Mito, Roma non è semplicemente una città, ma il punto di intersezione fra il mondo umano e quello divino. Con Roma il Mito si fa forza formatrice della realtà: istituzioni, gesta e avvenimenti assumono un significato simbolico. Roma diviene così la rappresentazione tangibile dell’Ordine contro il caos, del Sacro contro la profanazione.                              


Roma nasce, dunque, per restaurare l’Unità delle Origini.

Dopo la fine dei vecchi imperi, Roma si propone come nuovo Centro Sacro, incarnazione di valori universali: Eroismo, Gerarchia, Virilità, Volontà, Aristocrazia e Impero.


Nel fondamento della romanità si intrecciano simboli cosmici e principi etici: i mores maiorum (costumi degli antenati) diventano l’espressione di virtù civili e spirituali da incarnare, come la Fides (lealtà e fiducia), la Pietas (devozione e dovere), la Maiestas (dignità civile), la Virtus (coraggio e azione) e la Gravitas (serietà e onore).


Il Natale di Roma Oggi: Invito alla Consapevolezza

Il Natale di Roma non è solo celebrazione di una fondazione, ma invito al ritorno. Ritorno alle origini, alla realtà sacra, alla dimensione verticale dell’esistenza. In un mondo sempre più materialista, disgregato e caotico, Roma offre ancora un modello: non di nostalgia, ma di elevazione; non di chiusura, ma di trascendenza, per questo veramente Mito.

Vegliamo su noi stessi, purifichiamoci, e prendiamo ad esempio la Roma originaria e rifondiamo Roma dentro di noi. Riscopriamo il significato più profondo del suo Mito: non una favola del passato, ma un codice spirituale per il presente.


Tradizione e futuro

Roma non è semplicemente una città: è un'idea incarnata nello spazio, una realtà materiale che si fa metafisica. In essa, il tempo si piega su se stesso e diventa visibile: ogni pietra è un palinsesto, ogni rovina un'eco di ciò che è stato. Ma proprio questa natura simbolica e stratificata la rende oggi teatro di una tensione profonda: quella tra l’identità e il divenire, tra memoria e progetto.

Riconquistare le tradizioni, per Roma, non significa ripiegarsi in un passato idealizzato, ma accogliere la lezione secondo cui lo Spirito trova la sua verità nel cammino della memoria. La tradizione, in questo senso, non è una gabbia statica, ma un orizzonte dinamico: è ciò che ci precede e ci fonda, ma che domanda continuamente di essere reinterpretato. È la physis che ritorna, il fondo originario che chiede ascolto in un mondo assordato dalla velocità.

Roma per questo, non può esimersi dal confronto con il presente, con la sua richiesta di efficienza, innovazione, e apertura. È chiamata a una competizione ontologica, non solo economica o turistica: deve ridefinire il proprio essere nel tempo, senza cadere né nel culto malinconico del passato né nella corsa cieca verso un futuro spersonalizzante. Qui si gioca una sfida che è al contempo politica ed esistenziale: come abitare il tempo, senza esserne travolti?


In un’epoca che dimentica, Roma può insegnare a ricordare. In un tempo che consuma, può insegnare a custodire. Ma solo se saprà, con coraggio, pensarsi come Città non del passato, ma dell’eterno ritorno dell’essenziale.

 
 
 

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